Universal Dependencies - Italian - VIT

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No, devo dire anzi che in queste prime due settimane il mondo sindacale è stato in attesa e mi auguro che sia possibile intessere un dialogo forte.

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Ma i Tecnici sanitari, 400 mila operatori, hanno già minacciato uno sciopero se verranno bloccati i decreti sui tredici profili professionali.

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Cosa risponde loro? che manderò al consiglio di stato i provvedimenti sottoscritti dal ministro Garavaglia, né posso fare diversamente.

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Aggiungendovi però le indicazioni delle varie parti, dei 'tecnici' e di quanti si ritengono indirettamente interessati.

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Primo intervento da fare, ha detto in questi giorni, è di attuare la riforma.

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Ma quando partirà davvero la 'riforma che non c'è'? la riforma non è un atto che entra in vigore premendo un pulsante: è una conquista, o meglio, è un processo che ha un iter già tracciato.

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Prendiamo il caso dei direttori generali che dovranno occuparsi delle Usl: c'è un processo preciso, che a questo punto s'è spostato a livello periferico.

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Tre regioni - Lombardia, Emilia e Lazio - si sono fortemente attivate e penso che entro giugno procederanno alle nomine.

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Ma intanto sta pensando a qualche correttivo per i 'manager'? l'impressione è che la legge nazionale sia povera di indicazioni e che i criteri di selezione andrebbero allargati: nell'elenco sono pochi i candidati che provengono dal settore privato.

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Ma entro il 30 giugno le regioni dovranno procedere alle nomine.

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da una parte c'è la volontà di rivedere i criteri di selezione e di tenere 'aperto' l'elenco;

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Dall'altra, c'è l'esigenza che in questo momento le regole siano eguali per tutti e comunque che sia rispettato il lavoro di chi è andato più avanti degli altri.

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Formuleremo proposte di modifica, ma solo con aggiustamenti indispensabili, puntando a fare applicare la legge.

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Le regioni devono accelerare, poi verificheremo quel che s è fatto.

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Lei non vuole lo smantellamento del servizio pubblico, ma nella sua maggioranza c'è una 'voglia di privato', e anche forte.

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Questa voglia di privato c'è, sicuramente, ed è una voglia giusta.

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Io il privato lo concepisco come un metodo di lavoro, come contratti di lavoro, come modo di gestire insomma.

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Dunque, prima si cambia il modello di gestione del pubblico poi si innesca il processo di competizione pubblico - privato.

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Abbiamo due strade davanti.

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La prima è di far funzionare l'esistente.

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E nella legge c'è tutto, dai criteri privatistici al controllo della spesa.

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che poi la legge non riesca a funzionare, è un discorso che affronteremo con dei correttivi.

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Poi c'è la strada della sanità privata ...

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È l'alternativa di fondo, ma bisogna andarci piano.

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Io non me la sento, oggi, di mettere in competizione pubblico e privato.

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Altrimenti aiutiamo i privati rinunciando a svolgere una funzione che non nasce da un settore merceologico dell'economia.

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Sarebbe come appaltare la giustizia ai privati.

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Ma Forza Italia spinge forte sull'idea dei bonus.

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Il bonus è un problema, e serio, che va affrontato tecnicamente.

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Potrebbe richiedere uno stravolgimento delle strutture e se le cose stanno così, è difficile che possa essere accettato facilmente.

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Credo che neppure il più 'caldo' responsabile sanitario di Forza Italia possa progettare ora il bonus.

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Mentre il prossimo anno i ticket saranno misurati sui redditi.

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non mi sento ancora di dire se e come si cambierà.

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Sto sottoponendo il sistema dei ticket a revisione.

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Ma non posso trascurare le osservazioni che ricevo dai cittadini e dai medici.

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Le osservazioni maggiori, quantitativamente, interessano la classe c dei farmaci.

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Lunedì incontrerò la Cuf e chiederò delle spiegazioni, sulle patologie ed altro.

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Pensa a ridurre la classe c? ci sarebbe anche un problema di spesa.

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Mi vengono segnalati casi di pazienti che devono spendere centinaia di migliaia di lire al giorno per assicurarsi un prodotto che il medico ritiene importante per la cura di una patologia.

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Restringere la fascia può anche essere l'obiettivo finale, ma anzitutto dobbiamo verificare la situazione.

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Poi c'è il problema dei prezzi medi europei dei farmaci e della ultima delibera del Cipe che il 1o giugno sarà giudicata dal Tar.

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Il prezzo medio è un equilibrio difficile da raggiungere.

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Penso che come elemento di novità iniziale, sia da giudicare positivamente.

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Però sono anche convinto che la legge non sia stata attuata nella maniera adeguata.

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Sto facendo esaminare la posizione del ministero nei confronti di questo ricorso.

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La soluzione del Cipe non è un tabù, è perfettibile.

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Deve anche misurarsi con il debito delle USL che sfiora i 18 mila miliardi: arriverà un altro colpo di spugna? ne parleremo solo dopo avere fatto una verifica dei conti.

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Solo allora si vedrà chi deve pagare questi deficit.

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Ci vorrà un assoluto rigore se dietro i disavanzi c'è una cattiva gestione.

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Ma non al punto da non capire che spesso dietro a certi deficit c'è un'esigenza di sanità.

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Intanto il personale incalza: c'è un contratto in arrivo.

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Per quel che riguarda il personale, io non appartengo alla confraternita dei piagnoni, secondo cui manca personale.

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in molti casi invece c'è.

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E deve lavorare di più.

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Certo, c'è un contratto in vista, ma ci sono anche delle norme contrattuali da far valere.

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Come gli incentivi, magari quelli legati ai risparmi indotti dai medici come chiedono gli ospedalieri.

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un'incentivazione ci sarà, ma soltanto condizionata a elementi oggettivamente verificabili.

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Altrimenti gli incentivi diventano niente più che un premio di presenza che si regala a tutti, o uno straordinario che si regala anche quando non lo si fa.

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Quando poi leggo l'elenco dei cosiddetti 'primi mille medici', pubblicato da un settimanale, e vedo che tutti operano nelle strutture private, mi piacerebbe anche, per curiosità, di questi medici conoscere le cartelle dei redditi.

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Ho fatto fare qualche ricerca e ho visto che ci sono delle belle tariffe.

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È gente che legittimamente svolge due attività: bisogna vedere quanto di utile portano al pubblico e quanto al privato.

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Ministro, da dove partirà la sua lotta agli sprechi? dall'ordinaria amministrazione.

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Intanto verificherò le opere incompiute, gli ospedali nel deserto per i quali sono stati spesi inutilmente centinaia di miliardi.

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Sanità, un vademecum proposto a Berlusconi.

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Roma - primo obiettivo: migliorare la qualità del servizio.

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E ancora: dare impulso alla deospedalizzazione (con l'assistenza domiciliare e le residenze per anziani e handicappati), sburocratizzare la struttura e favorire l'accesso del pubblico alle informazioni.

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Ma anche massima vigilanza sul dei finanziamenti per l'edilizia ospedaliera.

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In un carnet di appunti che il ministro ha inviato a palazzo Chigi, magari in vista del prossimo documento di programmazione, c'è un nutrito elenco di interventi a breve e medio termine da considerare solo precisa Costa.

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Nell'elenco di programmi, per la verità, c'è anche dell'altro.

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Che in parte supera la 'frenata' sul ruolo dei privati nel settore e che dimostra come, in materia, sia in corso, forse non un braccio di ferro, ma quanto meno un confronto serrato.

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tra le linee di indirizzo tratteggiate, vi è quello di prevedere un livello .

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Ma, si precisa, .

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Quanto all'erogazione del servizio, si prospetta una tra gli erogatori, sia pubblici sia privati, in modo tale che .

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È chiaro che per Costa i primi esami cominciano solo ora.

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E non sarà un confronto facile, né indolore.

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Francesco Costantini, presidente di Farmindustria, ieri ha sparato a zero contro la riclassificazione dei farmaci varata dalla Cuf: .

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r.tu. il ministro della sanità Raffaele Costa.

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L'impegno antimafia frena il rischio pentiti.

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La presenza del difensore all'interrogatorio del è un'innovazione possibile ma impone una riflessione sul ruolo degli avvocati.

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La questione dei 'pentiti' si avvicina al crinale ideologico, la linea oltre la quale il rumore degli argomenti prevale sulla loro fondatezza.

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È lecito discuterne, ci mancherebbe altro, ma non come se si trattasse di cambiare la formazione della squadra di calcio.

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Una riflessione responsabile non deve mettere in discussione l'indirizzo politico nella lotta contro la mafia, né deve aprire speranze nei cuori dei capi mafia.

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Tanto il presidente del consiglio quanto il ministro degli interni hanno confermato in modo inequivoco la volontà antimafia del nuovo governo.

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E poiché anche le opposizioni hanno fermezza d'intenti è possibile guardare al problema con spirito costruttivo.

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I collaboratori di giustizia sono oggi più di 700.

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Nella grande maggioranza dei casi le loro dichiarazioni sono state ritenute valide almeno da un giudice, diverso dal pubblico ministero che le ha raccolte.

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Sono centinaia le condanne definitive pronunciate sulla base di dichiarazioni di collaboratori.

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Molte vite umane sono state salvate proprio dalle dichiarazioni dei collaboratori.

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D'altra parte, l'unico caso che si cita contro l'uso di queste fonti di prova è quello di Enzo Tortora.

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Fu una vicenda gravissima, ma, proprio perché risalente a molti anni fa, non idonea a inficiare leggi emanate successivamente.

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Pochi sanno, inoltre, che le pene per il delitto di calunnia commesso dal collaboratore sono, dal 1991, particolarmente severe e che il falso collaboratore è condannato per i propri delitti e privato di ogni beneficio.

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Le pene per la calunnia si possono anche rendere più severe, per segnare con forza i rischi che corre chi dichiara il falso.

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L'uso probatorio di chi ha fatto parte di un'organizzazione criminale, contro la stessa organizzazione, è indispensabile per sconfiggere la criminalità organizzata; tanto che non esiste paese moderno in cui si manifestino queste forme di criminalità che non se ne avvalga.

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Naturalmente tutti sono consapevoli che lo strumento è delicatissimo, perché si tratta pur sempre di ex criminali con una loro particolare concezione dei rapporti con le istituzioni e con la giustizia.

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Il mafioso che decide di collaborare e che conosce i retroscena del rapporto mafia - politica e mafia - istituzioni, sa bene che più incisive sono le sue dichiarazioni e più probabili sono gli attacchi diretti a delegittimare lui e il pubblico ministero che lo ha interrogato.

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Questo mafioso presterà particolare attenzione al modo in cui è interrogato, alla capacità professionale del pm, al clima politico.

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Se teme di non essere creduto sarà indotto a tacere una verità, piuttosto che correre il rischio di essere smentito.

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per converso, un collaboratore che vede un pm sprovveduto, magari smanioso di dichiarazioni eclatanti, potrebbe non esitare a renderle se sa che ne deriverebbero benefici per lui.

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Questi rischi possono manifestarsi in tutti i paesi, sono gravi, ma evitabili.

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Un forte indirizzo antimafia del governo, del parlamento, dei partiti, dei principali esponenti politici tranquillizza il collaboratore, lo induce a dire tutto quello che sa.