E come l' aere, quand' è ben piorno, per l' altrui raggio che 'n sé si reflette, di diversi color diventa addorno; così l' aere vicin quivi si mette in quella forma che in lui suggella virtualmente l' alma che ristette; e simigliante poi a la fiammella che segue il foco là 'vunque si muta, segue lo spirto sua forma novella.
Quivi la ripa fiamma in fuor balestra, e la cornice spira fiato in suso che la reflette e via da lei sequestra; ond' ir ne convenia dal lato schiuso ad uno ad uno; e io temea 'l foco quinci, e quindi temeva cader giuso.
«Summae Deus clementiae» nel seno al grande ardore allora udi' cantando, che di volger mi fé caler non meno; e vidi spirti per la fiamma andando; per ch' io guardava a loro e a' miei passi, compartendo la vista a quando a quando.
E questo modo credo che lor basti per tutto il tempo che 'l foco li abbruscia: con tal cura conviene e con tai pasti che la piaga da sezzo si ricuscia.
Mentre che sì per l' orlo, uno innanzi altro, ce n' andavamo, e spesso il buon maestro diceami: «Guarda: giovi ch' io ti scaltro»; feriami il sole in su l' omero destro, che già, raggiando, tutto l' occidente mutava in bianco aspetto di cilestro; e io facea con l' ombra più rovente parer la fiamma; e pur a tanto indizio vidi molt' ombre, andando, poner mente.
Questa fu la cagion che diede inizio loro a parlar di me; e cominciarsi a dir: «Colui non par corpo fittizio»; poi verso me, quanto potean farsi, certi si fero, sempre con riguardo di non uscir dove non fosser arsi.
Sì mi parlava un d' essi; e io mi fora già manifesto, s' io non fossi atteso ad altra novità ch' apparve allora; ché per lo mezzo del cammino acceso venne gente col viso incontro a questa, la qual mi fece a rimirar sospeso.
Lì veggio d' ogne parte farsi presta ciascun' ombra e basciarsi una con una sanza restar, contente a brieve festa; così per entro loro schiera bruna s' ammusa l' una con l' altra formica, forse a spiar lor via e lor fortuna.
Tosto che parton l' accoglienza amica, prima che 'l primo passo lì trascorra, sopragridar ciascuna s' affatica: la nova gente: «Soddoma e Gomorra»; e l' altra: «Ne la vacca entra Pasife, perché 'l torello a sua lussuria corra».
Poi, come grue ch' a le montagne Rife volasser parte, e parte inver' l'arene, queste del gel, quelle del sole schife, l' una gente sen va, l' altra sen vene; e tornan, lagrimando, a' primi canti e al gridar che più lor si convene; e raccostansi a me, come davanti, essi medesmi che m' avean pregato, attenti ad ascoltar ne' lor sembianti.
Io , che due volte avea visto lor grato, incominciai: «O anime sicure d' aver, quando che sia, di pace stato, non son rimase acerbe né mature le membra mie di là, ma son qui meco col sangue suo e con le sue giunture.
Ma se la vostra maggior voglia sazia tosto divegna, sì che 'l ciel v' alberghi ch' è pien d' amore e più ampio si spazia, ditemi, acciò ch' ancor carte ne verghi, chi siete voi, e chi è quella turba che se ne va di retro a ' vostri terghi».
Non altrimenti stupido si turba lo montanaro, e rimirando ammuta, quando rozzo e salvatico s' inurba, che ciascun' ombra fece in sua paruta; ma poi che furon di stupore scarche, lo qual ne li alti cuor tosto s' attuta, «Beato te, che de le nostre marche», ricominciò colei che pria m' inchiese, «per morir meglio, esperienza imbarche!
La gente che non vien con noi, offese di ciò per che già Cesar, triunfando,» Regina «contra sé chiamar s' intese: però si parton» Soddoma «gridando, rimproverando a sé com' hai udito, e aiutan l' arsura vergognando.
Nostro peccato fu ermafrodito; ma perché non servammo umana legge, seguendo come bestie l' appetito, in obbrobrio di noi, per noi si legge, quando partinci, il nome di colei che s' imbestiò ne le 'mbestiate schegge.
Quali ne la tristizia di Ligurgo si fer due figli a riveder la madre, tal mi fec' io, ma non a tanto insurgo, quand' io odo nomar sé stesso il padre mio e de li altri miei miglior che mai rime d' amor usar dolci e leggiadre; e sanza udire e dir pensoso andai lunga fiata rimirando lui, né, per lo foco, in là più m' appressai.
Or se tu hai sì ampio privilegio, che licito ti sia l' andare al chiostro nel quale è Cristo abate del collegio, falli per me un dir d' un paternostro, quanto bisogna a noi di questo mondo, dove poter peccar non è più nostro».
Sì come quando i primi raggi vibra là dove il suo fattor lo sangue sparse, cadendo Ibero sotto l' alta Libra, e l' onde in Gange da nona riarse, sì stava il sole; onde 'l giorno sen giva, come l' angel di Dio lieto ci apparse.
Poscia «Più non si va, se pria non morde, anime sante, il foco: intrate in esso, e al cantar di là non siate sorde», ci disse come noi li fummo presso; per ch' io divenni tal, quando lo 'ntesi, qual è colui che ne la fossa è messo.
Come al nome di Tisbe aperse il ciglio Piramo in su la morte, e riguardolla, allor che 'l gelso diventò vermiglio; così, la mia durezza fatta solla, mi volsi al savio duca, udendo il nome che ne la mente sempre mi rampolla.
E pria che 'n tutte le sue parti immense fosse orizzonte fatto d' uno aspetto, e notte avesse tutte sue dispense, ciascun di noi d' un grado fece letto; ché la natura del monte ci affranse la possa del salir più e 'l diletto.
Quali si stanno ruminando manse le capre, state rapide e proterve sovra le cime avante che sien pranse, tacite a l' ombra, mentre che 'l sol ferve, guardate dal pastor, che 'n su la verga poggiato s' è e lor di posa serve; e quale il mandrian che fori alberga, lungo il pecuglio suo queto pernotta, guardando perché fiera non lo sperga; tali eravamo tutti e tre allotta, io come capra, ed ei come pastori, fasciati quinci e quindi d' alta grotta.
Ne l' ora, credo, che de l' oriente, prima raggiò nel monte Citerea, che di foco d' amor par sempre ardente, giovane e bella in sogno mi parea donna vedere andar per una landa cogliendo fiori; e cantando dicea: «Sappia qualunque il mio nome dimanda ch' i' mi son Lia, e vo movendo intorno le belle mani a farmi una ghirlanda.
E già per li splendori antelucani, che tanto a' pellegrin surgon più grati, quanto, tornando, albergan men lontani, le tenebre fuggian da tutti lati, e 'l sonno mio con esse; ond' io leva' mi, veggendo i gran maestri già levati.
Come la scala tutta sotto noi fu corsa e fummo in su 'l grado superno, in me ficcò Virgilio li occhi suoi, e disse: «Il temporal foco e l' etterno veduto hai, figlio; e se' venuto in parte dov' io per me più oltre non discerno.
Non aspettar mio dir più né mio cenno; libero, dritto e sano è tuo arbitrio, e fallo fora non fare a suo senno: per ch' io te sovra te corono e mitrio».
Vago già di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva, ch' a li occhi temperava il novo giorno, sanza più aspettar, lasciai la riva, prendendo la campagna lento lento su per lo suol che d' ogne parte auliva.
Un' aura dolce, sanza mutamento avere in sé, mi feria per la fronte non di più colpo che soave vento; per cui le fronde, tremolando, pronte tutte quante piegavano a la parte u' la prim' ombra gitta il santo monte; non però dal loro esser dritto sparte tanto, che li augelletti per le cime lasciasser d' operare ogne lor arte; ma con piena letizia l' ore prime, cantando, ricevieno intra le foglie, che tenevan bordone a le sue rime, tal qual di ramo in ramo si raccoglie per la pineta in su 'l lito di Chiassi, quand' Eolo scilocco fuor discioglie.
Già m' avean trasportato i lenti passi dentro a la selva antica tanto, ch' io non potea rivedere ond' io mi 'ntrassi; ed ecco più andar mi tolse un rio, che 'nver' sinistra con sue picciole onde piegava l' erba che 'n sua ripa uscìo.
Tutte l' acque che son di qua più monde, parrieno avere in sé mistura alcuna verso di quella, che nulla nasconde, avvegna che si mova bruna bruna sotto l' ombra perpetua, che mai raggiar non lascia sole ivi né luna.
Coi piè ristetti e con li occhi passai di là dal fiumicello, per mirare la gran variazion d' i freschi mai; e là m' apparve, sì com' elli appare subitamente cosa che disvia per maraviglia tutto altro pensare, una donna soletta che si gia e cantando e scegliendo fior da fiore ond' era pinta tutta la sua via.
«Deh, bella donna, che a' raggi d' amore ti scaldi, s' i' vo' credere a ' sembianti che soglion esser testimon del core, vegnati in voglia di trarreti avanti», diss' io a lei, «verso questa rivera, tanto ch' io possa intender che tu canti.
Come si volge, con le piante strette a terra e intra sé, donna che balli, e piede innanzi piede a pena mette, volsesi in su i vermigli e in su i gialli fioretti verso me, non altrimenti che vergine che li occhi onesti avvalli; e fece i prieghi miei esser contenti, sì appressando sé, che 'l dolce suono veniva a me co' suoi intendimenti.
Tre passi ci facea il fiume lontani; ma Elesponto, là 've passò Serse, ancora freno a tutti orgogli umani, più odio da Leandro non sofferse per mareggiare intra Sesto e Abido, che quel da me perch' allor non s' aperse.
«Voi siete nuovi, e forse perch' io rido», cominciò ella, «in questo luogo eletto a l' umana natura per suo nido, maravigliando tienvi alcun sospetto; ma luce rende il salmo Delectasti, che puote disnebbiar vostro intelletto.