con i due sacerdoti è rientrata in Italia anche una famiglia di ruandesi che vive da anni vicino Viterbo: erano tornati in Ruanda per cercare di trarre in salvo i loro familiari, ma hanno trovato solo distruzione e morte.
(dal nostro corrispondente) Berlino - non sono serviti a molto i dati relativamente incoraggianti sul fronte dell'inflazione per tranquillizzare i mercati tedeschi.
L'aggregato monetario con cui la Bundesbank cerca di stabilizzare i prezzi è aumentato in aprile del 15,8% contro il 15,4 di marzo e ben oltre l'obiettivo del 4,6 da raggiungere entro fine anno.
I mercati hanno messo assieme il cattivo dato di M3 con le dichiarazioni di lunedì di Hans Tietmeyer, il governatore tedesco, che da Helsinki aveva preannunciato una significativa pausa nel processo di riduzione dei tassi ufficiali.
Ieri il land Nord Reno Westfalia ha annunciato che a maggio l'inflazione è scesa per la prima volta da tre anni sotto il 3%: nonostante un rincaro mensile dello 0,2%, infatti, il tasso annualizzato è ora al 2,9 per cento.
I segni di ripresa dell'economia, il galoppo di M3 e le dichiarazioni di Tietmeyer si sono combinati malignamente suscitando dunque nuovi timori sul futuro restrittivo della politica monetaria.
L'aumento mensile di aprile è stato dell'1,3% contro lo 0,7-0,8% degli ultimi due mesi, ma in aprile alcuni fattori, che è perfino penoso continuare a definire straordinari, hanno contribuito a gonfiare l'aggregato: in primo luogo il trasferimento dei profitti della Bundesbank al Ministero delle Finanze per 18,3 miliardi di marchi, quindi la continuazione di benefici di carattere fiscale che inducono modifiche nella durata dei portafogli e infine la forte domanda di credito legata alla richiesta di mutui ipotecari anch'essi drogati dalle agevolazioni concesse alla fine dell'anno scorso e che si ripercuoteranno fino al termine del novantaquattro.
Per quanto la Bundesbank giuri che la velocità è costante, essa era fortemente diminuita durante la recessione e sarebbe rimasta tuttora bassa, ma normalmente in Germania essa tende a riaccelerare insieme alla ripresa dell'economia.
Fino a che M3 non sarà tornata entro livelli tollerabili (sotto il 10%) è molto improbabile che Bundesbank possa procedere a nuove riduzioni dei tassi ufficiali.
Ciò non impedirà invece l'abbassamento dei tassi di mercato già avviato nelle ultime due settimane che viene visto da Francoforte come possibile coadiuvante all'addomesticamento di M3.
Per quanto poco credibile sia ormai il mitico aggregato monetario, la banca centrale resta estremamente credibile per ragioni che non sono rilevanti solo per gli studiosi di psicologia di massa, ma che trovano fondamento nei risultati di lungo termine che essa ha sempre ottenuto nella sua 37 ennale vita.
Il problema è che questa credibilità si distribuisce attualmente in direzioni intermittenti, come un faro che ogni tanto cambiasse posizione: da una parte contenendo i tassi a lungo termine (previsori dell'inflazione), dall'altra dando corpo al significato intimidatorio di M3 (che lo stesso Tietmeyer continua a definire ) e quindi alzando i tassi a lunga.
La combinazione dei due effetti può infatti sorprendere, ma offre alla Bundesbank spazi di inintelleggibilità (si potrebbe dire un 'effetto incredibilità', cioè di sorpresa) che essa sta cercando di usare con profitto ai fini della stabilità monetaria.
Tunisi - come già fecero le petromonarchie arabe del golfo negli anni sessanta, anche l'Olp di Arafat si affida agli 'gnomi' della finanza britannica per gestire i fondi dei paesi donatori destinati allo sviluppo dell'autonomia a Gaza e in Cisgiordania.
La società scelta dai palestinesi è la Morgan Stanley alla quale, secondo un comunicato emesso ieri a Tunisi, sarà affidata la gestione dei fondi internazionali , l'organo di autogoverno che in questa fase ha assunto l'amministrazione diretta di Gerico e della striscia di Gaza.
L'Obiettivo, dice sempre il comunicato dell'Olp, <è quello di assicurare una gestione trasparente e altamente professionale delle risorse palestinesi>.
La decisione presa dalla leadership palestinese dovrebbe aprire nuove e più concrete prospettive per l'utilizzazione dei fondi, fondi che del resto hanno cominciato soltanto da pochi giorni ad affluire sui conti dell'Olp.
Soltanto in infrastrutture, assistenza tecnica e costi di avviamento dell'autonomia, secondo uno studio preliminare degli esperti della banca, verranno investiti nei prossimi tre anni 1,2 miliardi di dollari.
Ci si attende adesso, dopo l'incarico assegnato alla Morgan Stanley, che venga chiarito anche il ruolo delle istituzioni palestinesi che hanno il compito di valutare le priorità di investimento e la fattibilità dei progetti di sviluppo.
Da qualche mese infatti è stato creato il Palestinian Ecomic Council For Development & Reconstruction (Pecdar) con il compito di gestire i fondi degli aiuti.
Ai vertici del Pecdar è stato nominato come direttore generale l'economista Ahmed Korei, uno dei protagonisti delle trattative segrete di Oslo tra palestinesi e israeliani.
A Koeri è stato però affiancato Farouk Khaddumi, uno dei 'falchi' dell'Olp, con l'intento evidente di stabilire un controllo politico sul consiglio economico.
Nei confronti della leadership dell'Olp sono state indirizzate diverse critiche proprio per il criterio 'politico' con il quale finora sono state gestite le istituzioni economiche che dovrebbero far decollare l'autogoverno a Gerico e Gaza.
La Decisione di incaricare la Morgan Stanley probabilmente corrisponde all'esigenza di rassicurare i paesi donatori e anche gli investitori internazionali sulle scelte future della leadership palestinese in campo economico e amministrativo.
(dal nostro corrispondente) Bonn - gli attivi della bilancia commerciale tedesca sono in costante aumento grazie al lento ma progressivo recupero di competitività del sistema produttivo del paese e presto potrebbero stabilizzarsi sugli eccezionali surplus della seconda metà degli anni ottanta, che nel 1989 raggiunsero la punta record di 134 miliardi di marchi di attivo commerciale e parallelamente di 108 miliardi di attivo corrente.
Secondo i dati resi noti ieri dall'ufficio federale di statistica di Wiesbaden, l'attivo commerciale tedesco del mese di marzo ha raggiunto 7,4 miliardi di marchi, portando così a 19 miliardi il surplus della Germania nel primo trimestre 1994.
Nel mese in esame le esportazioni tedesche hanno raggiunto un valore di 61,2 miliardi di marchi con un incremento del 20,7% rispetto a febbraio e del 14% rispetto a marzo 1993.
Ma nonostante l'incremento a due cifre percentuali dell'export, la Bilancia tedesca delle partite correnti - che oltre alle merci comprende i servizi, i pagamenti unilaterali e le rimesse dei lavoratori stranieri - continua a restare in passivo, 900 milioni di marchi in marzo e 8,2 miliardi nel primi tre mesi 1994.
Riguardo al forte incremento dell'interscambio commerciale tedesco, l'ufficio federale di statistica precisa che esso in parte risulta anche dal fatto che il mese di marzo ha avuto tre giorni lavorativi in più rispetto a febbraio.
L'aumento dei flussi commerciali è comunque indiscutibile e si presta a convalidare l'ottimismo congiunturale del governo di Bonn e anche della Bundesbank.
Tuttavia c'è da dire che se la congiuntura tedesca è in ripresa, ciò sicuramente avviene a dispetto del settore dell'automobile che continua a procedere sul fondo valle della recessione.
Proprio ieri, infatti, l'ufficio federale della motorizzazione di Flensburg ha reso noto che in aprile le immatricolazioni di autoveicoli nuovi sul mercato tedesco hanno fatto registrare un crollo del 23,6% rispetto al precedente mese di marzo.
La forte flessione di aprile ha portato a 2,7% il calo delle immatricolazioni nel primo quadrimestre degli autoveicoli in generale rispetto al corrispondente periodo 1993.
Il negativo andamento del mercato automobilistico interno sarebbe la prova, secondo un portavoce del gruppo Volkswagen, che la ripresa congiunturale non ha ancora fatto sull'economia tedesca quella presa di cui Bonn e Francoforte parlano forse un pò prematuramente.
Infatti, secondo l'istituto Diw di Berlino, nel primo trimestre 1994 il Pil tedesco occidentale risulta aumentato per la prima volta da un anno a questa parte, ed esattamente dell'1,9% rispetto ai primi tre mesi 1993.
Poiché il reddito è diminuito, la conclusione che a questo punto appare come la più logica è che i tedeschi, dovendo pur da qualche parte risparmiare, abbiano deciso di farlo con l'automobile.
I negoziatori dei due paesi hanno annunciato che i colloqui 'informali' in corso da giovedì scorso nella capitale Usa hanno portato all'alba di martedì al compromesso che dovrebbe chiarire una volta per tutte la definizione dei 'criteri oggettivi' per misurare l'apertura del mercato giapponese.
Doppiato questo scoglio, su cui si erano incagliate l'11 febbraio scorso i negoziati bilaterali avviati nel luglio del 1993, i due partner commerciali hanno promesso di procedere a passo spedito.
Già nel pomeriggio di ieri i responsabili dei negoziati in quattro settori specifici inclusi nelle trattative (apparati medicali, telecomunicazioni, assicurazioni, auto e loro componenti) sono tornati a riunirsi per preparare il terreno ad un probabile incontro dei rappresentanti commerciali dei due governi a Parigi, a margine dei prossimi incontri dell'Ocse dell'8 giugno.
Ma la pazienza degli Stati Uniti non sarà comunque infinita, ha ammonito, anche perché si stanno avvicinando date importanti e il deficit Usa con il Giappone è enorme (60 miliardi di dollari nel novantaquattro).
L'amministrazione Clinton dovrà innanzitutto decidere entro il 30 giugno prossimo se avviare la procedura per una rappresaglia commerciale contro il Giappone nel campo degli appalti pubblici di telecomunicazione e apparati medicali, due settori inclusi nelle trattative quadro.
E per il 30 settembre è attesa la pubblicazione della lista 'nera' dei paesi nei confronti dei quali gli Stati Uniti intendono utilizzare la clausola 'Super 301', il provvedimento legislativo reintrodotto il 3 marzo scorso da Clinton che consente ritorsioni contro i paesi che mantengono barriere contro l'export americano.
Sempre ieri, inoltre, gli Stati Uniti sono parsi più vicini a trovare una soluzione di compromesso anche sulla controversia con la Cina sui diritti umani.
Il segretario di stato Warren Christopher avrebbe infatti stabilito che Pechino ha soddisfatto richieste specifiche alle quali gli Usa hanno tassativamente legato il rinnovo dei benefici commerciali, il blocco dell'export di beni prodotti dai carcerati e la libertà di emigrazione per i familiari dei dissidenti.
Secondo indiscrezioni, Christopher avrebbe così consigliato il rinnovo della clausola commerciale Mfn alla Cina, accompagnato però da sanzioni sui prodotti esportati negli Usa dalle forze armate cinesi per segnalare l'insoddisfazione americana sulla lentezza dei progressi su altri fronti dei diritti umani.
Sui mercati valutari è stata però l'intesa Usa - Giappone ad attirare l'attenzione: il sollievo è stato temperato da un ottimismo ancora segnato dalla cautela.
L'accordo, hanno fatto notare gli operatori, apre infatti soltanto la porta a nuove trattative e non porterà ad un taglio a breve termine dei 131 miliardi di dollari di surplus della bilancia corrente.
Il biglietto verde ha ripreso quota anche nei confronti delle valute europee, assestandosi a metà giornata a 1.6549 marchi e 1.594 lire, rispetto ai 1.6490 marchi e 1.591 lire di inizio contrattazioni.
L'intesa ha avuto un effetto marginale sull'andamento della borsa valori, che ha recuperato ieri terreno seguendo una ripresa delle quotazioni obbligazionarie.
L'indice Dow Jones è arrivato ieri pomeriggio a quota 3,755, in rialzo di 13 punti mentre il prezzo dei titoli trentennali è aumentato di quasi un dollaro a quota 86,75 dollari.
Come anticipato dalle indiscrezioni della vigilia, il compromesso è frutto di una rinuncia da parte americana a intendere i 'criteri oggettivi' come target numerici (ad esempio in termini di quote di mercato) da rispettare alla lettera, pena il ricorso alle sanzioni.
Un esempio di questo tipo di accordo è quello siglato nel 1990 sui semiconduttori, che fissava come obiettivo un aumento della quota di mercato dei 'microchip' esteri sul mercato nipponico sino al 20%.
La nuova intesa stabilisce invece che i criteri prescelti per misurare i progressi nell'apertura di un determinato settore saranno utilizzati nel loro insieme come semplici 'indicatori'.
<è ormai chiaro che lo scopo delle trattative è raggiungere risultati concreti in termini di accesso ai mercati e di maggiori vendite - ha spiegato Kantor - e non una riscrittura di norme e regolamenti>.
Le divergenze di semantica sembrano infatti tutt'altro che risolte: un funzionario giapponese a Washington ha già dichiarato che gli accordi siglati qualche ora fa non sono diretti al raggiungimento di questo tipo di risultati.
(dal nostro corrispondente) Londra - convinto che la concorrenza mondiale, in particolare quella dell'area del Pacifico, sta ponendo una minaccia sempre più seria alla prosperità della Gran Bretagna, il governo Major ha presentato ieri un voluminoso libro bianco in cui ha illustrato un nutrito pacchetto di misure volte a ridare competitività al paese.
Forte di un rapporto di 163 pagine, corredato da numerosi grafici e tabelle, il ministro dell'industria e commercio, Michael Heseltine, affiancato da quello del lavoro, David Hunt, e dell'istruzione, John Patten, ha lanciato ieri in parlamento un vero e proprio manifesto che si baserà su un miglioramento dell'educazione scolastica, dell'avviamento e riqualificazione professionale e degli incentivi e facilitazioni alle imprese.
Rilevando che oggi le aziende devono fare fronte a un ambiente competitivo sempre più agguerrito, caratterizzato dalla globalizzazione dei mercati finanziari, dalla facilità dei trasferimenti di tecnologie, dall'invasione di nuovi prodotti stranieri grazie alla crescente liberalizzazione del commercio mondiale, Heseltine ha affermato che il mondo degli affari britannico deve essere messo in condizioni di competere alla pari con i concorrenti nel prossimo secolo, pena un declino irreversibile e una caduta verticale della qualità della vita.