Un ringraziamento sentito e sincero va rivolto alle donne e agli uomini della polizia penitenziaria, in primo luogo, e di tutte le Forze dell'ordine che con professionalità hanno lavorato anche al di fuori dei propri turni, essendo stati richiamati in servizio per far tornare la situazione a una normalità che di normale, purtroppo, non ha nulla.
Signor Ministro, voglio sottolineare che molto carente è stata soprattutto la gestione da parte del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Agenti, educatori, medici, infermieri, psicologi, direttori, detenuti in semilibertà, che ogni giorno entrano ed escono dal carcere senza alcuna protezione, sarebbero immuni per decreto?
Perché non sono state date chiare e precise direttive su una comunicazione anticipata che rassicurasse detenuti e sindacati nel garantire valide alternative come filtri sanitari, telefonate, colloqui via Skype e altre soluzioni?
Tutte queste misure sono state genericamente devolute alla discrezionalità dei provveditori e dei direttori lasciati soli ad affrontare reazioni non imprevedibili.
Come poteva il vertice della catena di comando essere privo della profonda consapevolezza del delicato equilibrio che regola la vita nelle nostre strutture detentive, carenti sotto numerosi punti di vista, a partire dall'edilizia - lei lo sa bene - e dall'affollamento, che renderebbe impossibile misure di prevenzione del contagio come, per esempio, stare a un metro di distanza (cosa che viene consigliata a tutti i cittadini), fino ad arrivare alla cronica carenza di personale non in grado di garantire l'indispensabile vigilanza nei turni notturni?
Si tratta di una situazione risaputa, già al limite e più volte denunciata, al punto che proprio alcuni giorni prima dell'emergenza coronavirus io stesso, insieme ai rappresentanti di tutti i Gruppi di maggioranza, ho firmato un disegno di legge per aumentare la possibilità di colloqui telefonici in carcere.
Certo, c'è anche la strumentalizzazione delle rivolte con il tempestivo sostegno esterno di familiari per ottenere benefici collettivi e individuali, ma è notorio che il sistema penitenziario sia da tempo una polveriera pronta a esplodere.
In questo contesto ci sono stati da parte del direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) ritardi, indecisioni, balbettii, carenza di informazione e incapacità di trovare, coinvolgendo innanzitutto i garanti per i detenuti, i sindacati e i dirigenti locali, una diversa disciplina dei colloqui e di tutta la vita carceraria rispettosa delle norme di sicurezza sanitaria che si andavano a emanare.
Molti ignorano che i colloqui non sono l'unico contatto dei detenuti con i propri affetti, ma anche la principale possibilità per ricevere cibo, biancheria pulita e beni di prima necessità.
ad esempio, perché non concordare con la magistratura di sorveglianza il permesso temporaneo di restare a casa per i detenuti in semilibertà che in carcere tornano solo a dormire e potrebbero essere vettori di contagi?
Voglio infine porre all'attenzione del Governo - so che non è competenza sua, ministro Bonafede, ma desidero dare voce a una richiesta che mi è stata fatta dalla senatrice Bonino - che in queste ore complesse l'emergenza coronavirus, oltre che nelle carceri, rischia di produrre effetti critici anche all'interno dei centri di permanenza per il rimpatrio, così come nei centri di accoglienza per richiedenti asilo.
In particolare, per quanto riguarda i CPR, il vero problema concerne i nuovi ingressi, che andrebbero evitati perché potrebbero diffondere il contagio all'interno dei centri.
Il Gruppo Partito Democratico esprime la più sentita solidarietà, il sostegno e la vicinanza agli agenti della polizia penitenziaria, impegnati in questi giorni e in queste ore in un difficile ruolo; agli operatori, che pure in carcere stanno cercando di lavorare per attenuare le tensioni; ai direttori, che sono di fronte a un compito molto difficile, spesso con strumenti limitati.
penso che vada anche verificato fino in fondo se ci sia stato un disegno destabilizzante su tutto il territorio nazionale per diffondere le rivolte ed individuare chi ha guidato questo progetto.
Difficile pensare che in trenta carceri ci sia stata contemporaneamente una rivolta senza che ci fosse un disegno, non so di quale tipo, però coordinato.
Detto ciò, condividendo le dichiarazioni del Ministro e il fatto sottolineato da tutti, ossia che non c'è alcuna giustificazione, qualcosa non funziona e non ha funzionato, se è successo quello che sappiamo.
Ciò premesso (e ancora non per dare giustificazioni), la situazione di sovrappopolamento, che è del 140 per cento rispetto alle possibilità delle carceri italiane (problema che le avevamo già posto e di cui abbiamo già discusso, signor Ministro), rende di per sé tutto più difficile in un frangente come questo.
Siamo seduti in Aula in questo modo per garantire il rispetto della regola di stare a più di un metro di distanza l'uno dall'altro, ma è difficile farlo in celle di 10 metri quadrati che ospitano sei detenuti.
Credo che, da questo punto di vista, il decreto-legge abbia fatto bene a limitare i colloqui con i parenti, prevedendo che avvengano soprattutto via telefono o Skype.
Bene il triage, così come l'introduzione delle norme sanitarie di cui ci ha parlato, i provvedimenti adottati e la costituzione della task force che ha preannunciato per affrontare la questione.
Tuttavia, signor Ministro, credo che allentare la pressione all'interno delle carceri significhi anche affrontare il tema, comunque presente, della sovrappopolazione.
Siamo però di fronte a esperienze come quella del Tribunale di sorveglianza di Milano, che ci dice che si può intervenire mettendo alla prova chi già esce per lavorare, dando in affidamento alle comunità chi ha patologie che possono essere compromesse da un'infezione da coronavirus , pensando di mettere agli arresti domiciliari chi ha solo poche settimane di carcere da scontare.
Signor Presidente, colleghe, colleghi, caro Ministro, le prometto che non farò polemiche, anzi cercheremo anche di aiutarla e - stia tranquillo - non voglio aiutarla a seguire i consigli della Lega.
Vorrei invece aiutarla a fare il bene degli italiani e a soddisfare le poche, semplici richieste che provengono da questa meravigliosa comunità, richieste sacrosante, come il diritto alla sicurezza, alla salute e alla tranquillità.
Signor Ministro, in una situazione ordinaria governare questo Paese così straordinario può anche essere facile perché, nonostante qualche legge sbagliata, l'impreparazione, la superficialità e a volte la protervia, gli italiani riescono sempre a cavarsela, a stupire tutti e a dare prova di inventiva e coraggio.
Il suo problema è che quella che stiamo attraversando oggi non è affatto una stagione ordinaria e, pertanto, ogni atteggiamento ordinario, ogni consueta negligenza e ogni comportamento sperimentato nell'ordinaria amministrazione risultano oggi inadeguati e insufficienti.
Ministro, quello che è mancato, anche quando si è parlato di intercettazioni, è la responsabilità, nonché il coraggio, quando, ad esempio, si è parlato di dover chiudere le aule dei tribunali.
Perché non si è assunto la responsabilità di chiudere le aule dei Tribunali, ad esempio applicando quanto tutti chiedevano, vale a dire la legge sulla sospensione dei termini feriali?
Glielo chiedevano i Presidenti dei tribunali, ai quali lei, dopo il 22 di marzo, scaricherà la responsabilità di decidere, ciascuno per propria competenza territoriale, con il rischio che si creeranno squilibri fra le aree del Paese.
Soprattutto oggi, perché scegliere di stare a guardare le carceri che bruciano, i detenuti che evadono, gli agenti di polizia penitenziaria che vengono aggrediti e sequestrati?
Ministro, le sette sigle sindacali, tutte assieme, dicono che, ancora prima, avevano accoratamente richiesto il suo intervento per una interlocuzione ferma e certa.
Nessuna delle istanze ad ella rivolte hanno trovato riscontro, sì da indurre chi scrive ad alzare i toni e a comunicare l'interruzione delle relazioni sindacali.
Ringraziamo anche queste sigle sindacali che, assieme, si sono unite, superando le divisioni naturali che esistono tra ogni sigla sindacale per far fronte a questo problema.