Universal Dependencies - Italian - VIT

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Non so se ci sarà un Napoli nel futuro.

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Gallo - continua - mi ha lasciato una società disastrata: qui non c'è nemmeno uno che stabilisca i prezzi degli abbonamenti, il nostro fatturato è da serie b.

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Puntiamo però su un attaccante straniero.

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Per quanto mi riguarda, non sono obbligatorio.

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E la presidenza del Napoli porta pure sfortuna.

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Ma se a Milano va via Pellegrini, arriva Moratti.

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Qui, invece, uno che se ne vuole andare è costretto a restare per 25 anni'.

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Calcio - nell'ambito della presentazione di un libro Home Video, il presidente del Napoli ricorda 25 anni del club.

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Due anni al pugile positivo per amfetamine, ma il giudice ammette: non fu doping volontario.

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Rosi, squalifica e beffa.

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'verdetto casareccio'.

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di Mattia Chiusano Roma - colpevole, ma innocente.

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che strano modo di salutare Gianfranco Rosi, questa sentenza!

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Che ambiguità, una squalifica di due anni accompagnata dalla conclusione che non ci fu dolo, che ogni ipotesi di illecito è esclusa!

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Il processo al pugile più famoso d'Italia si conclude così, con una squalifica che sa tanto di benservito per un trentottenne, e con una riabilitazione che non fa che complicare il caso.

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Rosi ora è furioso, promette vendetta, vuole riprendersi il titolo mondiale che la squalifica gli ha tolto.

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I suoi legali stanno per ricorrere al Tar, invece che alla commissione federale presieduta da un magistrato illustre: Vito Giampietro, pm nel processo sul massacro del Circeo.

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Ma alla riunione romana dove ha combattuto Parisi, Rosi ha per ora smentito la voce di una sua denuncia alla Federboxe.

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Colpevole, ma innocente.

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Colpevole di esser risultato positivo al controllo antidoping per uso di amfetamine e metilamfetamine, al termine del match mondiale Wbo contro Verno Phillips il 17 maggio 95 a Perugia.

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Innocente, per aver assunto la sostanza dopante senza 'la coscienza e la volontà di compiere un'azione illecita'.

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Ruggisce Rosi da Perugia: 'verdetti alla casereccia come questo mi fan venire voglia di continuare.

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La mia carriera non è finita.

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Ci vuole ben altro per mettermi ko.

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non mi sono dopato per conquistare un mondiale'.

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Ma come nasce una sentenza così?

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Dalla testimonianza del primario di neurotraumatologia di Perugia, Alessandro Casotto, medico di Rosi fino al match con Phillips.

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Casotto, che ora giura che non si occuperà mai più di boxe, sostiene una teoria che, se accettata, potrebbe modificare l'antidoping in Italia.

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Riconoscendo che alcuni farmaci, che fanno scattare la positività, salvaguardano in realtà dai microtraumi encefalici i pugili con tanti combattimenti sulle spalle.

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Prevenendo le tragiche conseguenze che talvolta funestano la boxe.

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L'utilità dell'Egibren, così si chiama il farmaco prescritto da Casotto e assunto da Rosi, è stata una delle colonne dell'impianto difensivo durante il processo.

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Il giudice sportivo Mario Mendicini ha accolto questo principio, così come ha accettato che l'Egibren non è stato consumato per migliorare la prestazione di Rosi quella sera a Perugia.

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'sono l'unico responsabile, sono l'unico ad aver consigliato l'Egibren - conferma Casotto - Rosi sapeva del farmaco che gli somministravo, ma non era al corrente che liberasse amfetamine come prodotto di scarto.

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Nessun collega mi ha consigliato quel trattamento: sono arrivato io alla conclusione che potesse far bene ad un pugile 'anziano', ed escludo che l'uso dell'Egibren sia diffuso nel mondo della boxe'.

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Rosi vittima quindi, anche se, come recita la sentenza della Federboxe, per la squalifica 'è sufficiente la mera assunzione' della sostanza proibita.

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E allora perché celebrare un processo che avrebbe accolto in pieno la linea difensiva e nonostante ciò avrebbe condannato l'imputato?

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Questa storia di doping non ha mai convinto Rosi, dal giorno in cui il presidente del Coni Mario Pescante ha annunciato la positività del pugile dopo la prima analisi (e non dopo le controanalisi, come prescrive il regolamento).

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E questo primo verdetto della giustizia sportiva non fa che aumentare la voglia di rivalsa di Rosi, che ora addirittura fa progetti sul suo ritorno sul ring: 'se la Wbo riterrà opportuno che io disputi di nuovo il mondiale, allora sarò pronto a riconquistare il titolo che mi appartiene.

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Altrimenti mi dedicherò al mondiale Wba, l'unico che ancora mi manca'.

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Anche Rosi, conosciuto per la sua serietà e la sua capacità di sacrificio, cade nella tentazione del complotto: 'sono stato punito per aver riconquistato il titolo mondiale.

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C'è stata una grande forzatura a livello federale.

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La verità è che davo fastidio ad un sistema.

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È una sentenza ingiusta, questo è il paese in cui uno che ruba una mela va in galera, mentre chi ruba miliardi si vede concedere la libertà provvisoria.

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Dovrebbe essere la gente a giudicarmi: la gente che mi stringe la mano ogni giorno, che mi fa coraggio, che mi dimostra il suo affetto'.

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Conclusione: 'non sarà un pugile o una federazione ad obbligarmi a lasciare il pugilato'.

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Pugilato - la vicenda del pugile squalificato per due anni per doping il medico che gli prescrisse il farmaco prende le sue difese.

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Carlo Rognoni, Pds, parla dell'intreccio tra le nuove regole e le trattative di Berlusconi.

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'chi compra oggi le tv Fininvest lo fa a suo rischio'.

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Milano - rapporto difficile, tra Berlusconi e le regole.

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Nei giorni 'caldi' delle trattative tra la Fininvest e interlocutori internazionali e italiani per vendere una quota di Mediaset (la holding delle sue tv), continuano le polemiche sul 'progetto Bogi' di Antitrust.

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E alla Camera arriverà nei prossimi giorni il disegno sul conflitto d'interessi varato giovedì dal senato.

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Commenta Carlo Rognoni, Pds, vicepresidente del senato e grande esperto di media: 'i provvedimenti in discussione in parlamento cercano di definire delle regole su questioni cruciali per la democrazia.

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Non prendono di mira, com'è naturale, casi personali ma tendono a risolvere vecchie questioni (l'oligopolio tv) e problemi nati negli ultimi tempi, come l'impegno di governo di chi ha in mano leve fondamentali del potere economico.

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Sarebbe sbagliato leggere tutto pro o contro Berlusconi.

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Molto meglio, pensare con intelligenza al futuro del Paese, secondo valori democratici generali su cui trovare un accordo'.

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Generali per quanto siano, le regole investono adesso proprio le tv Fininvest.

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L'ingresso in Mediaset di nuovi azionisti risolverebbe il problema dell'Antitrust?

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'no.

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Sulla base della sentenza della corte costituzionale che ha cassato parte della legge Mammì, è necessario evitare che ci siano, nelle mani di un unico soggetto, tre reti.

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E non importa se quel soggetto è la Fininvest o una cordata d'operatori internazionali, arabi o australiani che siano.

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secondo la corte, per le tv via etere, è necessario un vero pluralismo.

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E a mio giudizio, tale pluralismo è garantito da tanti soggetti, di cui nessuno abbia più di una rete'.

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Dopo la sentenza della corte, però, c'è stato il referendum.

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E la maggioranza dei votanti ha riconosciuto che la Fininvest può tenersi tre reti.

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'bisognerà impegnarsi per una legge che disciplini il mondo sempre più complesso delle tv tenendo conto sia della corte costituzionale, sia dell'esito dei referendum sia infine delle reali condizioni del mercato, che già non è in grado di assicurare risorse finanziarie indispensabili alla vita delle attuali 12 reti, figuriamoci se potrà farlo per 15.

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in questo quadro, si può studiare una regola che dica, come suggerisce il 'progetto Bogi', che un soggetto non possa avere più di due reti via etere'.

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Le trattative avviate dalla Fininvest per Mediaset, però, vanno avanti sulla base di partecipazioni di nuovi azionisti in tre reti ...

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'chi compra in questo momento reti tv lo fa a suo rischio, in attesa d'una nuova legge che ridefinisca tutto il settore televisivo'.

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Parliamo di conflitto d'interessi.

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L'acquisto di parte di Mediaset da una cordata di operatori internazionali e di investitori finanziari lo risolverebbe?

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'no.

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Quell'ipotesi attenua ma non risolve affatto il problema, nella misura in cui Berlusconi resta azionista di riferimento, con una forte quota azionaria e la possibilità di incidere sulle scelte del management e dei direttori dei Tg.

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in Italia, l'esperienza insegna che basta assai meno del 50,1% per continuare a controllare una società'.

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Che dovrebbe fare, allora, Berlusconi?

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'se il disegno di legge approvato dal senato sarà ratificato senza sostanziali variazioni dalla Camera, dalla prossima legislatura Berlusconi dovrà scegliere davvero se fare l'uomo di governo o mantenere il controllo delle sue tv.

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Il disegno di legge, infatti, prevede che chi ha partecipazioni di rilievo, superiori al 5%, in aziende in settori strategici, dalle comunicazioni all'auto, dall'energia ai computer, non possa essere membro del governo e a meno che non si liberi entro un anno dall'assunzione della carica delle sue partecipazioni.

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Può essere, certo, eletto in parlamento, fare politica da segretario di partito, ma non stare al governo'.

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Il vicepresidente del senato commenta il disegno di legge Antitrust che regola il sistema televisivo e le trattative avviate dal presidente della Fininvest per vendere una quota della holding delle sue tivù.

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L'Italia che soffre.

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È la ricetta della commissione Carniti.

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Un 'minimo vitale' per aiutare i poveri.

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Di Roberto Petrini Roma - è l'inferno dell'Italia, è il luogo dove l'economia diventa soltanto la 'triste scienza', dove arriva l'eco lontana del rutilante mondo dei consumi e la parola d'ordine è una sola: sopravvivere.

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Qui, nel girone dei dannati, vivono 6 milioni e 458 mila poveri per un totale di 2 milioni e 38 mila famiglie.

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Non sono pochi: rappresentano l'11,5 per cento dei nostri connazionali e il 10,2 per cento dei nuclei italiani.

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sono poveri perché ciascuno di loro vive con un livello di reddito inferiore alle 500 mila lire al mese, cioè meno della metà di quanto spende in consumi nell'arco di trenta giorni l'italiano medio.

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È questo il drammatico quadro contenuto nel rapporto 1994 della commissione sulla povertà presieduta da Pierre Carniti e presentato ieri dal ministro della famiglia e della solidarietà sociale Adriano Ossicini e dal direttore generale del dicastero Guido Bolaffi.

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Disastrosa la situazione nel Mezzogiorno dove una famiglia su cinque vive in condizioni di disagio economico.

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Migliore al Nord dove resta nell'indigenza un nucleo ogni venti.

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Il rapporto consegna la triste ripartizione per aree geografiche dell'indigenza: in termini percentuali al Sud risiede il 66 per cento delle famiglie povere, al Centro il 13 per cento e il 21 per cento al Nord.

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Segnano la differenza nella mesta classifica di coloro che non riescono a sbarcare il lunario le condizioni sociali.

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sono le famiglie più numerose le più colpite: l'incidenza della povertà è infatti aumentata nei nuclei con più di cinque componenti.

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Stanno peggio le famiglie dove il 'capo' è una donna o una persona anziana.

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Penalizzati anche i nuclei dove è minore l'istruzione: i laureati poveri sono soltanto l'1 per cento, quelli senza alcun titolo di studio sono il 27 per cento.

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Il rapporto di Carniti presenta un consuntivo inquietante per la coscienza collettiva: in Italia un bambino su sette vive in povertà: in termini assoluti si tratta di un milione di bambini.

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L'altro anello debole della catena sono gli anziani: un altro milione di poveri ha più di 65 anni.

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Rispetto all'indagine del 1993 il numero dei poveri complessivamente presenti in Italia è rimasto stabile.

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Un dato confortante del quale non ci si può rallegrare perché l'intensità della povertà sta crescendo, insomma la maggioranza dei poveri sta andando sempre più sotto rispetto alle fatidiche 500 mila lire mensili.

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È il frutto della recessione economica del biennio 1992/1993 che lascia le sue tracce.

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Senza contare che il rischio di cadere nel baratro della povertà si agita come uno spettro per un numero sempre maggiore di famiglie.

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Il rapporto fa il seguente ragionamento: se si elevasse la soglia di povertà dalle 500 alle 600 mila lire il numero dei poveri aumenterebbe notevolmente al Nord e al Centro addirittura raddoppierebbe.