'Sembra quasi che Wojtyla cerchi di' mettersi in linea 'in vista della conferenza di Pechino, afferma, e dopo essersi battuto una mano sulla fronte si ricordi all'improvviso dell'esistenza di un problema'.
'Se per dimostrare la tesi della creatività femminile bisogna ricorrere alla Montessori, cioè a una cara vecchia signora, allora si finisce con l'esaltare involontariamente il genio maschile.
Insomma, Quinzio è lontano dal negare l'esistenza di una storica discriminazione, però esclude che 'il fenomeno contrario possa essere determinato per legge'.
La sua è un'affascinante opposizione rispetto all'immagine delle donne alla ribalta ... cinguettanti mentre leggono le notizie al telegiornale, o nude sulle copertine delle riviste.
ROMA - Dopo le polemiche per l'elicottero dei vigili del fuoco che sarebbe stato preso di mira dalla scorta di Scalfaro, al Quirinale scoppia il 'giallo' del corazziere.
si è infatti scoperto che era uno dei militari adibiti alla sorveglianza del presidente l'autore di una serie di minacciose telefonate anonime che avevano per obiettivo lo stesso Scalfaro e sua figlia Marianna.
Non pago degli insulti, il corazziere avrebbe aggiunto anche la minaccia di un attentato, parlando di una bomba pronta a far saltare in aria il capo dello Stato.
L'ansia di rintracciare da dove partissero prima che accadesse qualcosa di irrimediabile si è trasformata in meraviglia quando è stato individuato l'apparecchio dal quale venivano effettuate:
È stato facile ricostruire le telefonate in partenza dal 'portatile' ed è subito stato chiaro che il carabiniere addetto alla sicurezza del presidente era anche colui che aveva a lungo inveito contro lo stesso Scalfaro e la figlia.
Il quale procede per un reato, quello appunto di offesa all'onore del presidente della Repubblica, che prevede pene detentive da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni di reclusione militare.
Per mandare avanti l'indagine, Intelisano dovrà chiedere l'autorizzazione a procedere al ministro della Giustizia e il complesso iter sarà messo in moto nei prossimi giorni.
Negli ambienti giudiziari la seconda ipotesi viene esclusa e anche il carabiniere, individuato e subito ascoltato dagli investigatori, avrebbe cercato di accreditare la tesi di una 'bambinata'.
Da qualche giorno il pensionato Sergio Minetto, 70 anni, presunto agente segreto della Cia, ha un'andatura ancora più circospetta, ma è un uomo libero.
Nei suoi confronti non è stata formulata nessuna accusa, meno che meno quella di essere a conoscenza dei segreti della strage di piazza Fontana e delle trame eversive di destra.
È improbabile che gli abitanti di Knin, sui quali prima della resa pioveva un proiettile d'artiglieria ogni dieci secondi, abbiano ricordato l'anniversario dell'atomica di Hiroshima.
Eppure un filo non troppo sottile collega la grande Bomba americana del '45 alle piccole bombe balcaniche di oggi, unisce lo stragismo tecnologico dell'Enola Gay ai rudimentali massacri dei generali d'oltre Adriatico.
E nemmeno soltanto perché dalle ultime tragedie in Krajina potrebbero nascere condizioni di pace, come cinquant'anni fa la cancellazione delle due città nipponiche pose fine alla guerra in Oriente.
L'attualità di Little Boy è altrove, è nel tramonto di quel suo terribile primato che per mezzo secolo ha reso impossibile la guerra in Europa, è nel superamento di quel sistema di minacce incrociate che gli strateghi chiamavano 'equilibrio del terrore' ma che ha condizionato la nostra psicologia collettiva ben più dei nostri eserciti, impedendoci, oggi, di reagire alle bombe del dopo Bomba.
In un certo senso sì, perché resta e resterà nei governi responsabili la consapevolezza del limite invalicabile, perché la memoria dell'olocausto nucleare farà valere i suoi diritti.
Ma è stata la memoria a garantire fino a ieri la pace in Europa, o è stata piuttosto l'esistenza di due blocchi che attorno a essa si erano organizzati, che avevano trasformato la paura della Bomba in ideologia comune malgrado fossero l'uno democratico e l'altro totalitario, che tenendo il dito sul grilletto dell'apocalisse stabilivano regole e confini delle bombe tollerate?
E quando il blocco comunista si è disfatto azzoppando il 'sistema' tenuto a battesimo da Hiroshima, sono cominciati gli esami di un tempo diverso, disseminato di ordigni atomici quanto e più di prima ma privo ormai di quell'ordine irrinunciabile che i due Stranamore pentiti avevano imposto per cinquant'anni.
Ma anche quanta strada avesse fatto nelle nostre coscienze garantite da un Male irripetibile, fino a che punto avesse sovrapposto ai nostri valori una pace anestetizzante, quanto avesse affievolito le nostre volontà assolvendo ogni distrazione.
Il Vietnam, l'Afghanistan, i conflitti mediorientali, peraltro dominati sempre, fino alla sconfitta nei due primi casi, dalla consapevolezza del limite supremo.
Il trono che la guerra fredda aveva concesso alla Bomba si scopre improvvisamente vuoto, privato del suo potere mentre le eredi di Little Boy si frantumano in chissà quante diverse direzioni, mentre la proliferazione nucleare, abbassando la soglia del pericolo, annuncia la fine dell'ordine di Hiroshima.
Il problema allora non è domandarsi, come faceva ieri Eugenio Scalfari, se sia il caso di rimpiangere l'abilità (ma anche la ferocia, quando serviva) del maresciallo Tito.
La questione che il mondo ha di fronte, noi europei e europeisti prima di altri, riguarda la sostituzione del 'sistema Bomba' in funzione pacificatrice senza pagare il prezzo di un altro Muro, la creazione di un nuovo deterrente credibile, la prevenzione di uno scenario che la memoria di Hiroshima non basta più ad escludere.
In questa ottica dovremmo guardare alla Bosnia e dintorni noi discepoli di Little Boy che non abbiamo saputo rispondere alla prima vera sfida del dopo Bomba.
L'11 novembre 1961, due dei sei 'C 119' della 46 Aerobrigata richiesti dalle Nazioni Unite all'Italia per un 'ponte aereo' di rifornimenti alla popolazione locale e ai presidi dell'Onu, atterrarono all'aeroporto di Kindu con un carico di automezzi da esplorazione per il contingente malese dell'Onu.
Gli aviatori italiani erano a pranzo quando una sessantina di uomini dell''Armee Nationale Congolaise', ammutinati, fecero irruzione nel locale e li scambiarono per soldati belgi.