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Universal Dependencies - Italian - VIT

LanguageItalian
ProjectVIT
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AnnotationTamburini, Fabio; Simi, Maria; Bosco, Cristina

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s-107 Anche perché oggi, grazie agli sviluppi della tecnologia, si hanno minori preoccupazioni per le compatibilità e per gli standard'.
s-108 Oggi, conferma Nauges, 'c'est plus facile'.
s-109 E se si vuol fare un bilancio dell' operazione, basta contare il numero dei telefoni che ci sono nell' azienda e prevedere di acquistare un personal computer per ogni telefono.
s-110 Quale personal?
s-111 , quello che l'utente riterrà più adatto alle proprie esigenze, sulla base delle informazioni riportate dai cataloghi dei produttori.
s-112 In fondo, quando compriamo un'automobile, non andiamo mica a raccontare tutti i nostri problemi al venditore:
s-113 Guardiamo il catalogo, pensiamo quanto abbiamo da parte.
s-114 E decidiamo.
s-115 A pochi verrebbe in mente di includere, fra le tante corporazioni in cui si articola il potere reale nel nostro paese, anche un gruppo di neppure 3 mila scienziati, formato da una stretta élite perennemente in viaggio fra un congresso e l'altro, dagli Stati Uniti e il Giappone, dalla Finlandia alla Sicilia, e da una truppa dispersa in una ventina di dipartimenti nelle università italiane, in alcuni laboratori nazionali e in qualche prestigioso centro di ricerca europeo.
s-116 Eppure, a misurarli con gli strumenti che servono a definire il peso e le caratteristiche dei gruppi di potere, i fisici italiani rientrerebbero tranquillamente nella categoria delle lobby, e neppure fra quelle di minor importanza.
s-117 Divisi all' interno da divergenze politiche, ideologiche e professionali, sanno raccogliersi in serrata coorte ogni volta che devono confrontarsi con il loro principale interlocutore, il potere statale.
s-118 Separati operativamente in diverse istituzioni, dall' università al Consiglio Nazionale delle Ricerche, dall' Enea all' Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, o dispersi in laboratori esteri, difficilmente dimenticano la comune matrice originaria e l'appartenenza a una delle scuole che, a Roma o a Pisa, a Padova o a Milano, hanno dato la prima impronta alla loro formazione.
s-119 Una compattezza, uno spirito di squadra che vengono fuori e danno i migliori risultati nei luoghi e nei momenti che contano.
s-120 Come nello scorso mese di giugno, quando Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), l'istituzione che meglio li rappresenta, ha ottenuto dal parlamento un ricco finanziamento di mille e 23 miliardi per i prossimi cinque anni, senza un solo voto contrario.
s-121 Anche i comunisti, che hanno sparso qualche ostacolo sul cammino tutto in discesa di approvazione del provvedimento, non hanno mai messo in dubbio che quei fondi non fossero meritati, ma hanno solo colto l'occasione per chiedere una discussione più ampia sul settore degli enti di ricerca.
s-122 Forti di quattro premi Nobel che hanno tenuto alto il loro prestigio in tutto il mondo e di una scuola di fisica teorica all' avanguardia mondiale almeno dal 1930, i fisici italiani hanno potuto contare, dal dopoguerra a oggi, su leader di spicco capaci di unire le doti scientifiche a capacità organizzative di prim ordine.
s-123 'non c'è dubbio', dice Renato Angelo Ricci, presidente della società italiana di fisica che li rappresenta in grande maggioranza, 'che i nostri maestri, gli Amaldi, i Bernardini, i Rostagni, i Puppi, hanno avuto la vista lunga:
s-124 All' inizio degli anni cinquanta avevano già capito molto bene che per muovere la ricerca e tenerla a un elevato livello internazionale occorreva impostare una struttura che fosse sufficientemente snella, efficiente e tempestiva, capace di unire ricerca, didattica e diffusione delle conoscenze.
s-125 Sono nate in quegli anni la scuola internazionale di Varenna, tenuta a battesimo da Enrico Fermi e ora intitolata a suo nome, e l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che è ancora oggi un modello di efficace integrazione fra l'incentivazione della ricerca e il suo trasferimento alla didattica universitaria'.
s-126 A questa struttura nazionale va aggiunto il Cern, centro europeo di ricerche nucleari di Ginevra, attualmente ai vertici mondiali della fisica sperimentale delle alte energie, pensato e fermamente voluto da Edoardo Amaldi.
s-127 È il Cern il laboratorio che ha accettato di trasformare il suo grande acceleratore di protoni (Sps, super sincrotone a protoni) in un anello di collisione protoni antiprotoni, secondo la proposta di Carlo Rubbia, bocciata dagli americani, e in cambio si è trovato non solo con due premi nobel fra i suoi ricercatori, ma soprattutto con la fama meritata di supremazia mondiale nel campo della fisica di frontiera, quella che sta svelando gli ultimi segreti dell' intima struttura della materia.
s-128 Nella stessa direzione andranno le esperienze che verranno realizzate a partire dal 1987 in tre enormi caverne, lunghe più di 100 metri e coperte da uno strato di roccia alto quasi un chilometro e mezzo, e sulle quali pare che ancora una volta il vulcanico Carlo Rubbia abbia posto una precisa ipoteca.
s-129 Da questa immane grotta scavata al centro della galleria del Gran Sasso sull' autostrada Roma-L'Aquila può iniziare un viaggio per capire chi sono questi fisici italiani, come hanno fatto ad acquistare il prestigio indiscusso di cui godono in tutto il mondo, come spendono i miliardi che ricevono dalla comunità nazionale, e quali pericoli minacciano le posizioni di alta classifica che sono riusciti finora a mantenere nel gran campionato mondiale della ricerca avanzata.
s-130 La storia del laboratorio del Gran Sasso inizia nel 1980.
s-131 Era allora presidente dell' Infn Antonino Zichichi, professore a Bologna, ricercatore al Cern, immeritatamente più noto per alcune esibizioni scientifico religiose sugli schermi televisivi o in cattedrali affollate di giovani osannanti che per i suoi indubbi meriti di scienziato e organizzatore della ricerca.
s-132 Uno dei quali fu proprio quello di aver pensato alla galleria autostradale del Gran Sasso, allora in costruzione, come una sede ideale per un laboratorio di 'fisica sotterranea', dove studiare un fenomeno di moda fra i fisici subnucleari, il decadimento del protone.
s-133 Gli occorsero pochi mesi e alcune buone conoscenze fra i politici democristiani abruzzesi per far approvare, fra l'agosto ottanta e il febbraio ottantauno, una legge che stanziava 20 miliardi per 'installare nelle gallerie del Gran Sasso nel tratto L'Aquila - Villa Vomano un laboratorio di fisica nucleare'.
s-134 Come ricorda Pietro Lunardi, ingegnere e docente universitario, cui venne affidata la progettazione civile dell' opera, 'il laboratorio iniziale era stato pensato come un'unica caverna lunga 100 metri e con un diametro di 40 in cui realizzare un esperimento sul decadimento del protone analogo a quelli che stavano per partire nello stesso periodo in varie parti del mondo, compreso il Monte Bianco'.
s-135 La storia del laboratorio prosegue, negli anni successivi, fra ripensamenti scientifici e iniezioni di pubblico danaro.
s-136 Quando, il 2 settembre 1982, la prima 'volata' inizio ai lavori di scavo della galleria di accesso al laboratorio, ai 20 iniziali si sono già aggiunti altri 57 miliardi e l'ipotesi primaria di una grande galleria dove osservare, nel silenzio cosmico, i rari eventi di decadimento dei protoni contenuti in uno spropositato cubo di ferro, ha lasciato il posto a un progetto più complesso, costituito da tre caverne messe a disposizione della comunità internazionale per tanti esperimenti polivalenti di 'fisica sotterranea'.
s-137 Infine, quando nel maggio scorso, a lavori di ingegneria civile già quasi conclusi per le prime due caverne, si riunisce all' Aquila il comitato scientifico internazionale con il compito di distribuire gli spazi del laboratorio fra i gruppi di sperimentatori, Carlo Rubbia sconvolge ancora una volta il progetto iniziale riportando in discussione con la travolgente dialettica che gli è consueta, rinforzata dal fresco premio Nobel, un proprio esperimento rivoluzionario annunciato quattro anni prima a Roma.
s-138 In fondo, che la scienza proceda per scrolloni rivoluzionari, dai quali ben poco trapela fuori della ristretta comunità degli scienziati, è noto da sempre ed è stato studiato e descritto con 'rivoluzionaria' precisione da Thomas S Kuhn più di vent'anni fa (the structure of scientific revolutions, The University Of Chicago Press, 1962, tradotto in italiano per Einaudi nel 1969).
s-139 Ma il fatto in gran parte nuovo è che, oggi, e nella fisica in particolare, ogni nuovo scossone nei paradigmi scientifici può costare decine o centinaia di miliardi, che i membri della comunità scientifica sono costretti a chiedere allo stato, visto che la ricerca così avanzata difficilmente ha immediate ricadute applicative.
s-140 E sono così anche costretti a uscire dalle torri d'avorio dei loro laboratori per spiegare ai comuni mortali quanto costano e a cosa servono le loro ricerche.
s-141 A cominciare dalle cifre più piccole, come il miliardo e 70 milioni chiesti per costruire ape, un potente supercomputer che servirà a calcolare le matrici di equazioni differenziali che caratterizzano la teoria della cromodinamica quantistica, in sigla QCD.
s-142 Questa struttura teorica ha preso il posto, dell' elettrodinamica quantistica impostata nei primi trent'anni del secolo da grandi teorici come Dirac, Heisenberg e Pauli.
s-143 Con la differenza che allora, come pare che abbia detto una volta la moglie di Einstein, gli strumenti di lavoro del fisico teorico erano 'una matita e un bloc-notes, mentre oggi occorre un calcolatore vettoriale come Ape, capace di lavorare alla velocità di un miliardo di informazioni al secondo (1 giga_flop/s) e di gestire una memoria di mezzo miliardo di byte.
s-144 Da poco più di vent'anni, i fisici di frontiera stanno vivendo una stagione di eccitanti conquiste teoriche e sperimentali.
s-145 Sembra che uno dei sogni ricorrenti di tutto il pensiero scientifico, quello di unificare in poche leggi eleganti una gran quantità di fenomeni, stia per realizzarsi nel campo della materia inanimata e delle forze che ne regolano le interazioni.
s-146 L'impulso decisivo in questa direzione è venuto con la teoria di unificazione tra la forza elettromagnetica e la forza nucleare debole.
s-147 Utilizzando contributi che hanno la loro origine indiscussa nella teoria del decadimento beta proposta da Enrico Fermi negli anni trenta e altri apporti determinanti della scuola di fisica teorica italiana, tra i quali il più importante è certamente la scoperta dell' ' angolo di Cabibbo 'del 1963, Abdus Salam, Steven Weinberg e Sheldon Glashow costruirono autonomamente, all' inizio degli anni settanta, una teoria unificatrice dell' interazione elettromagnetica e dell' interazione nucleare debole.
s-148 La verifica sperimentale della teoria venne raggiunta una prima volta con le esperienze sulle ' correnti deboli neutre 'ottenute al Cern di Ginevra e al Fermilab di Batavia (Illinois) nel 1973 e confermata con abbondanza di prove nel 1983 con l'esperienza di Carlo Rubbia all' anello protone antiprotone del Cern che permise di rilevare direttamente i mediatori della forza elettrodebole, i bosoni W, W e Z.
s-149 Nel frattempo, i teorici hanno proseguito nei tentativi di associare alla prima unificazione altre forze, in particolare la forza nucleare forte e la forza gravitazionale.
s-150 per ottenere verifiche sperimentali con queste nuove teorie non ci sono che due strade.
s-151 Una è quella di proseguire nella costruzione di particelle sempre più potenti e quindi costose, l'altra prevede di ricavare conferme sperimentali indirette verificando corollari importanti delle teorie con laboratori di 'fisica passiva' come quello del Gran Sasso.
s-152 'una via', dice Nicola Cabibbo, scopritore del famoso angolo e considerato uno dei massimi fisici teorici viventi, succeduto a Zichichi alla presidenza dell' Infn, 'che ci permette di rimanere all' avanguardia della fisica subnucleare a costi accettabili per il nostro paese'.
s-153 L'alternativa sarebbe stata la perdita dei contatti con il gruppo di testa della fisica internazionale, visto che non è neppure pensabile che l'Italia possa spendere cifre comprese fra i tre e i sei miliardi di dollari, il costo previsto per un acceleratore come il Superconducting Super Collider (anello di collisione superconduttore) progettato dagli americani.
s-154 Nulla vieta che i fisici sperimentali italiani vadano a lavorare nei grandi laboratori esteri o multinazionali, come il Cern, e infatti questo succede normalmente e, come si è visto, con ottimi risultati.
s-155 Ma, dicono i Cabibbo e i Ricci, sarebbe molto grave se agli indispensabili contatti con la ricerca estera non corrispondesse anche un'attività, sia pure diversa, in Italia, e fossimo costretti, per esaurimento di una scuola nazionale, ad abbandonare una posizione di preminenza riconosciutaci unanimemente.
s-156 Tra l'altro, proprio gli anelli di collisione fra materia e antimateria, che hanno permesso le grandi scoperte degli ultimi anni e promettono ancora nuove rivelazioni, sono nati in Italia:
s-157 Il primo in ordine di tempo si chiamò Ada (cioè anello di accumulazione), venne proposto nel 1959 da Bruno Touschek e Carlo Bernardini del laboratorio di fisica nucleare di Frascati e cominciò a funzionare il 27 febbraio 1961.
s-158 Un perfezionamento di Ada fu Adone, un anello di accumulazione del diametro di circa 30 metri, capace di realizzare urti con energie fino a poco più di 3 miliardi di elettrovolt, entrato in funzione nel 1970.
s-159 Fino alla metà degli anni settanta, ricorda Cabibbo, Adone fu importante per la ricerca di frontiera nella fisica delle particelle elementari.
s-160 Poi, i nuovi esperimenti richiesero macchine acceleratrici con potenze di centinaia di gev (miliardi di elettrovolt), e Adone, tuttora in funzione, si dedicò ad altre attività che sarebbe crudele chiamare di retroguardia.
s-161 E allora i gruppi di sperimentatori italiani dovettero svolgere le loro ricerche nei laboratori esteri:
s-162 Al Cern, al Desy di Amburgo, al Fermilab di Batavia, a Brookhaven.
s-163 'il laboratorio del Gran Sasso', spiega Nicola Cabibbo,' è un fatto nuovo rispetto a questo quadro in cui gli strumenti per la ricerca erano soprattutto all' estero.
s-164 Inoltre, si tratta di un laboratorio sotterraneo unico al mondo nella capacità di ospitare esperimenti anche di grandissima mole.
s-165 Infatti, anche se è ancora in costruzione, riscuote già un notevole successo internazionale come si è visto durante la riunione del comitato scientifico all' Aquila.
s-166 È già assicurata la collaborazione di sette università americane per una di queste esperienze, sulla ricerca dei monopoli magnetici, uno dei corollari più affascinanti delle teorie di grande unificazione;
s-167 Stiamo stabilendo dei contatti per una partecipazione sovietica a un'altra di queste esperienze, il 'Large Volume Detector' (lvd), un apparato che rileverà i fiotti di neutrini che derivano dai collassi stellari in cui si formano le super-novae'.
s-168 Un altra esperienza molto attesa riguarda il 'puzzle' dei neutrini solari, un fenomeno attualmente avvolto in un grosso mistero.
s-169 All' origine sta una domanda che ha attraversato nel tempo e nello spazio tutte le culture umane:
s-170 Da dove viene l'energia emessa dal sole da almeno quattro miliardi di anni al ritmo costante di 0,4 miliardi di miliardi di miliardi di joule (l'unità di misura dell' energia, pari più o meno al lavoro necessario per spostare un peso di un etto per la distanza di un metro) ogni secondo?
s-171 Una risposta accettabile alla domanda è conosciuta solo da una cinquantina di anni, da quando il fisico tedesco americano Hans Bethe descrisse un modello di produzione dell' energia solare basato sul processo di fusione termonucleare dell' idrogeno, l'elemento più abbondante dell' universo.
s-172 Il modello, detto ora comunemente 'ciclo di Bethe', parte dalla fusione nucleare di quattro protoni che, attraverso una successione di reazione a catena, danno come risultato un nucleo di elio e una notevole quantità di energia emessa sotto forma di fotoni, positoni e neutrini.
s-173 Poi le reazioni proseguono fino a formare, per sintesi nucleare, buona parte degli elementi chimici conosciuti, tanto da far dire all' astrofisico William Fowler che 'tutti voi, i vostri vicini e anch'io non siamo altro che una piccola spruzzata di polvere di stelle'.
s-174 Tuttavia, a parte queste suggestive considerazioni, nessuno ha finora potuto portare prove certe e dirette che all' interno del sole le cose vadano davvero come le ha previste Bethe.
s-175 Sono state fatte, è vero, complesse elaborazioni su modelli al calcolatore del ciclo di Bethe che hanno dato risultati convincenti, ma continua a mancare l'osservazione diretta.
s-176 I fotoni, cioè le particelle che trasportano fino a noi la luce e quindi l'energia prodotta all' interno del sole, impiegano ben 10 milioni di anni per farsi strada dal nucleo della stella fino alla sua superficie e le innumerevoli reazioni che subiscono lungo il cammino cancellano dalla loro memoria ogni ricordo delle condizioni presenti all' interno del motore.
s-177 Solo i Neutrini, fra le particelle emesse, sono tanto aristocratici ed elusivi da permettersi di attraversare tutto quello spazio, e altro ancora che li divide dal nostro pianeta, immuni da qualsiasi rapporto con la materia circostante.
s-178 Da loro perciò si potrebbero avere le prime informazioni dirette sulle reazioni della combustione del sole.
s-179 Ammesso che, fra i tanti neutrini che ci piovono in testa ogni secondo, prodotti dalle più diverse reazioni subnucleari, si possono isolare proprio e solo quelli che vengono dal sole.
s-180 A questa impresa si sta dedicando da circa 15 anni un fisico americano, Raymond Davis del Brookhaven National Laboratory, con un esperimento condotto in una miniera d'oro abbandonata a Homestake, nel Sud Dakota.
s-181 All' interno del suo pozzo, profondo un migliaio di metri per schermare l'esperimento da particelle intruse, Davis ha posto un rilevatore sensibile ai neutrini provenienti da un ramo secondario e piuttosto raro del ciclo di Bethe, il cosiddetto decadimento beta del boro 8.
s-182 Ebbene, malgrado tutte le precauzioni prese, in tutti questi anni il flusso di neutrini solari misurato da Davis è stato inferiore di almeno tre volte al valore calcolato dalla teoria per quella particolare reazione.
s-183 L'esperimento previsto sotto il Gran Sasso che dovrebbe risolvere il puzzle dei neutrini solari si chiama Gallex ed è stato proposto da una collaborazione tra fisici tedeschi (tra i quali il premio Nobel Rudolf L'Mossbauer), francesi e italiani.
s-184 Fra questi il milanese Ettore Fiorini, un veterano della fisica sotterranea, anche se ha appena passato i 50 anni.
s-185 Il lavoro suo e dei suoi predecessori nei tre garage attrezzati sotto la galleria del Monte Bianco può essere considerato la prova generale di quello che si farà sotto il Gran Sasso.
s-186 'il lavoro sotto il Monte Bianco', dice Fiorini, 'è iniziato circa 20 anni fa con il gruppo di Torino diretto dal professor Castagnoli;
s-187 Dal 1967 siamo andati in galleria anche noi di Milano, e dal 1982 è in funzione l'esperimento Nusex sul decadimento del protone, che ha finora prodotto alcuni risultati molto interessanti ma che devono essere confermati.
s-188 Ora stiamo già preparando le misure per l'esperimento Gallex che potrebbe essere il primo a entrare in funzione nel laboratorio del Gran Sasso'.
s-189 Secondo una tendenza che si diffonde sempre più nella fisica delle grandi energie (e dei grandi costi), i gruppi che partecipano all' esperimento divideranno equamente spese e contributi:
s-190 Gli italiani mettono il laboratorio e la gestione dell' esperienza;
s-191 I francesi varie attrezzature, tra cui la sorgente di neutrini per fare i test di controllo;
s-192 E i tedeschi le 30 tonnellate di gallio necessarie all' esperimento, che costano la bellezza di 20 miliardi.
s-193 Qualcosa del genere avverrà anche per l'esperimento Icarus proposto da Rubbia e che probabilmente occuperà tutta la caverna più grande del laboratorio:
s-194 In cambio delle attrezzature e della disponibilità del sito, le università americane e giapponesi coinvolte nell' esperimento pagheranno le molte e carissime tonnellate di argon liquido che serviranno a verificare se e quando il protone decade.
s-195 La Fisica però non si occupa solo del comportamento delle particelle elementari.
s-196 non tutti i fisici studiano i quark, i neutrini e i bosoni, scalari o vettoriali.
s-197 Fanno parte della grande famiglia anche i nuclei degli atomi, con i loro fenomeni non ancora del tutto chiariti, di fusione e fissione, e gli atomi nel loro complesso, combinati in diversi modi nelle strutture dello stato solido.
s-198 Oppure, se si vuol parlare di applicazioni, sarà bene ricordare che sono fisici anche tutti coloro che si occupano di laser, per materiali per l'elettronica, di superfreddo e superconduttività, e di tanti altri settori messi in ombra dallo schiacciante predominio dei subnucleari.
s-199 Perché i fisici delle particelle sono alla ribalta molto più spesso dei loro colleghi che si occupano di laser o di stato solido?
s-200 'prima di tutto', risponde Roberto Fieschi, docente di fisica dello stato solido dell' università di Parma, 'perché i fisici nucleari e subnucleari hanno il loro istituto, l'Infn, agile ed efficiente malgrado le pastoie del parastato.
s-201 Mentre gli altri gruppi di ricercatori fisici sono dispersi negli istituti e nei centri del Cnr, e soffrono tutte le ben note difficoltà di questo ente.
s-202 Per uscire almeno in parte da questa situazione, i fisici che si occupano della struttura della materia hanno costituito un gruppo nazionale all' interno del Cnr che passa attraverso i dipartimenti universitari e gli istituti di ricerca, imitando per certi aspetti l'Infn, e sono stati a loro volta imitati da altri gruppi, come quello di cibernetica e biofisica e di elettronica quantistica e plasmi'.
s-203 A far da supporto alle critiche, ecco due esempi che mostrano come siano diversi i comportamenti dei due enti, l'Infn, istituto modello che protegge e alimenta i fisici nucleari e subnucleari, e il Cnr, il grande calderone in cui coabitano, tra ricercatori di ogni estrazione, gli altri fisici italiani.
s-204 Premesso quanto sopra, i trasferimenti interprovinciali saranno effettuati con le seguenti modalità:
s-205 Qualora il totale dei posti di dotazione organica aggiuntiva da attribuire alla provincia sulla base di quanto indicato nei precedenti commi del presente articolo sia superiore al 5 per cento dell' intero organico sede determinato per l'anno scolastico in riferimento, le unità di organico eccedenti il predetto 5 per cento devono essere numericamente riassorbite nel corso del movimento.
s-206 Pertanto potranno disporsi i trasferimenti in ingresso nella provincia su posti di tipo comune solo se verrà trasferito dalla provincia medesima un numero di insegnanti titolari su posti di tipo comune superiore di almeno una unità alla predetta eccedenza.

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