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Universal Dependencies - Italian - ISDT

LanguageItalian
ProjectISDT
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AnnotationBosco, Cristina; Lenci, Alessandro; Montemagni, Simonetta; Simi, Maria

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s-101 Il poligono italiano infatti divenne la prima base di lancio straniera alla quale gli Stati Uniti affidarono il lancio di propri satelliti.
s-102 Tuttavia questi successi furono ottenuti ad un costo elevato per il futuro del Progetto San Marco:
s-103 accentrando il controllo presso il CRA, Broglio rinunciò alla copertura politica offerta dal CNR e compromise irrimediabilmente l'alleanza con Amaldi e i suoi collaboratori, i quali portarono le loro competenze presso l'ESRO e montarono le sperimentazioni da loro create sui suoi satelliti.
s-104 Non irrilevante fu inoltre il dirottamento dei finanziamenti che comportò l'allontanamento del CNR dal progetto stesso.
s-105 Raggiunto il massimo sviluppo con il lancio del San Marco 2 dalla piattaforma equatoriale nel 1967, il Progetto entrò in una fase difficoltosa che degenerò in certi momenti in una completa paralisi.
s-106 Le cause principali di questa situazione furono da attribuirsi alla crisi economica che investì l'Italia negli anni Settanta, culminando con la crisi petrolifera del 1974, e al progresso tecnologico che inesorabilmente tolse alla tecnologia del progetto il suo carattere innovativo.
s-107 La legge n. 97 del 9 marzo 1971 che stanziava 5,7 miliardi dei 29,4 miliardi di lire messi a disposizione per le spese complessive delle attività spaziali nazionali subì i ritardi dell' iter legislativo e anzichè essere distribuita nel triennio 1969-1971, venne impiegata per far fronte anche alle spese degli anni 1972 e 1973.
s-108 Broglio tuttavia mantenne viva l'attività presso il centro spaziale specialmente tra il 1970 e il 1974 grazie alla messa in orbita di satelliti per conto di Stati Uniti e Gran Bretagna e l'invio di numerosi razzi sonda italiani.
s-109 Il lancio sopra menzionato del SAS 1, rinominato Uhuru (libertà) per onorare l'indipendenza del Kenya celebrata nel giorno del lancio, fu esempio di una interessante inversione di ruoli tra USA ed Europa.
s-110 Il satellite infatti venne creato sulla scia delle scoperte scientifiche dell' astrofisico Riccardo Giacconi sulle sorgenti di raggi X.
s-111 Giacconi con questa importante scoperta permise la ricerca e la scoperta a loro volta di centinaia di sorgenti di raggi X fornendo inoltre i mezzi per quantificarne l'intensità e la variabilità nel tempo.
s-112 Ad ogni modo il Progetto San Marco procedette al lancio del satellite San Marco 3 il 28 aprile 1971 alle 7:32 UTC.
s-113 Le sperimentazioni italiane sulla densità atmosferica vennero integrate, per la prima volta, da due ulteriori esperimenti degli Stati Uniti:
s-114 il primo aveva lo scopo di studiare la composizione chimica dell' alta atmosfera e venne realizzato dal GSFC mentre il secondo esperimento, realizzato attraverso la collaborazione del GSFC e l'Università del Michigan, venne installato per misurarne la temperatura e la distribuzione delle molecole di azoto.
s-115 Combinando i dati ottenuti fu possibile misurare accuratamente la temperatura cinetica dell' atmosfera tra i 200 e i 400 km.
s-116 Il progetto tuttavia continuava a soffrire la continua scarsità di fondi e il San Marco 4 che venne lanciato il 18 febbraio 1974 alle 10:05 UTC era una versione più aggiornata del San Marco 3 ma comunque dotata di strumentazione molto simile.
s-117 Dopo il San Marco 4, il Progetto coinvolse il Regno Unito in una collaborazione che portò al lancio del satellite Ariel 5 attraverso un razzo vettore Scout da parte di personale italiano il 15 ottobre 1974.
s-118 Il 1974 risultò essere un anno di cambiamenti rilevanti per le attività italiane nel settore spaziale.
s-119 La legge n. 388 del 2 agosto e la legge n. 390 del 6 agosto 1974 infatti trasferivano al Ministro per il Coordinamento della Ricerca Scientifica e Tecnologica l'incarico di presentare al Parlamento le relazioni sull' andamento del Piano Spaziale Nazionale.
s-120 In questo periodo divenne evidente il passaggio in secondo piano del Progetto San Marco davanti a programmi spaziali più recenti anche attraverso la distribuzione dei fondi stanziati per la ricerca spaziale attraverso la suddetta legge n. 388.
s-121 L'Università 'La Sapienza' infatti ricevette finanziamenti per 6,65 miliardi di lire per il proseguimento del Progetto erogati in tre esercizi finanziari.
s-122 L'8 maggio 1975 venne messo in orbita il satellite statunitense SAS 3 sviluppato dal GSFC.
s-123 Entrambi i satelliti avevano come obiettivo il proseguimento delle ricerche italiane sulle sorgenti cosmiche di raggi X.
s-124 Quello del SAS 3 tuttavia risultò l'ultimo lancio coordinato dal centro spaziale italiano, che rimase praticamente inattivo a partire dalla metà del 1975 a causa di una deviazione dei finanziamenti statali verso il più innovativo Progetto SIRIO incentrato sulle comunicazioni satellitari.
s-125 Dopo il decorso dei tre anni in cui venne distribuito il finanziamento della legge n. 388, il CNR suddivise la somma di 30 miliardi di lire iscritta nel proprio bilancio per l'anno 1978 assegnandone 1,5 miliardi al Progetto San Marco.
s-126 Secondo la Relazione sullo stato di avanzamento dei piani spaziali nazionali della Camera dei deputati, questa riduzione ulteriore dei finanziamenti non comportò alcun decadimento nella qualità delle ricerche e delle attività.
s-127 Nel 1978 il Centro Ricerche Aerospaziali si concentrò sullo sviluppo del programma spaziale San Marco D che vide inscindibile la cooperazione tra il CRA e la NASA.
s-128 I campi di competenza dei due organismi mantenevano caratteristiche simili a quelli stabiliti per i satelliti precedenti.
s-129 Lo sviluppo di questo sottoprogetto prevedeva la creazione di due satelliti e il loro posizionamento in due orbite distinte.
s-130 L'obiettivo era lo studio della relazione tra l'attività solare e i fenomeni propri della fascia atmosferica che comprende la termosfera e la ionosfera.
s-131 Nel 1980 il Progetto San Marco divenne nuovamente un punto d'interesse.
s-132 Durante un'eclissi solare totale infatti dalla piattaforma San Marco furono lanciati a partire dal 15 febbraio sette razzi sonda con lo scopo appunto di studiare il fenomeno.
s-133 I razzi in questione erano tre Super Arcas, due Nike-Black-Brant e due Astrobee-D.
s-134 Tuttavia i finanziamenti disponibili permisero la creazione del solo San Marco D/L.
s-135 Il suo lancio avvenne il 25 marzo 1988 alle 19:50 UTC dalla Piattaforma San Marco tramite un vettore Scout e raggiunse l'orbita ellittica con perigeo di 263 km e apogeo di 615 km.
s-136 La sua strumentazione scientifica funzionò perfettamente ad eccezione dello spettrometro per vento e temperatura (WATI, dalla denominazione inglese) che smise di rispondere dopo 20 giorni in orbita.
s-137 Il satellite infine rientrò nell' atmosfera il 6 dicembre dello stesso anno dopo 255 giorni di attività.
s-138 Gli ultimi dati furono ottenuti durante il suo rientro a 150 km di quota.
s-139 Nel 1993 i beni patrimoniali, l'esperienza e le competenze createsi con il Progetto San Marco confluirono in un nuovo organismo dell' Università 'La Sapienza' di Roma:
s-140 il Centro di Ricerca Progetto San Marco.
s-141 La sua sede rimase ubicata presso il Centro Ricerche Aerospaziali all' Aeroporto dell' Urbe in via Salaria 851.
s-142 La struttura è classificata come Centro di Spesa 'A' dotata di autonomia amministrativa.
s-143 Il suo organigramma comprende un Consiglio Direttivo, un Presidente e un Direttore Tecnico.
s-144 Negli anni seguenti la sua formazione, il Centro di Ricerca, in collaborazione con l'ASI, intraprese numerose iniziative volte allo sviluppo e all' aggiornamento delle tecnologie del Poligono San Marco in Kenya.
s-145 Tra queste si ricordano il potenziamento della Stazione di telemetria, tracciamento e telecomando di satelliti europei in fase di lancio e in fase preorbitale.
s-146 La base di lancio infatti, ormai solamente attiva nel lancio di palloni sonda, è stata inserita in una rete di stazioni sotto il controllo di nazioni partecipanti all' ESA atte proprio a questo scopo e distribuite a livello globale.
s-147 Altre innovazioni includono la realizzazione di un Centro di Telerilevamento per l'acquisizione e l'archiviazione di dati immagine del territorio centro orientale del continente africano e inoltre la costruzione di una base geofisica equipaggiata per il rilevamento dei fenomeni meteorologici, magnetici e ionosferici.
s-148 Attualmente, sebbene il Centro di Ricerca non sia più coinvolto nel lancio di satelliti dal 1988, sono in corso due macro progetti.
s-149 Il primo ha lo scopo di sviluppare software e programmi per l'elaborazione di immagini e informazioni ottenute via satellite.
s-150 Il secondo invece si concentra nella creazione di un sistema di avionica adatto ad un microsatellite economico e realizzabile in strutture come un laboratorio universitario.
s-151 La prima attività ha lo scopo di creare e sviluppare una rete di ricognizione globale con l'intento di monitorare il rispetto dei trattati internazionali contro la proliferazione di armi di distruzione di massa e la definizione dei confini territoriali.
s-152 La seconda attività è una parte del Progetto SIGRI (Sistema Integrato per Gestione Rischi Incendi) e intende fornire in tempo reale informazioni sugli incendi boschivi nell' area Mediterranea tramite satelliti geostazionari.
s-153 La terza attività consiste nella partecipazione del Centro di Ricerca alla creazione di un archivio di informazioni ottenute attraverso palloni sonda dell' ozonosfera nelle aree tropicali.
s-154 L'ultima attività vede impegnato il Centro di Ricerca nell' ottenimento di immagini dell' Africa Centro Orientale così come informazioni sulla situazione ambientale e morfologica della stessa.
s-155 Il lino è una fibra composita ricavata dal libro del Linum usitatissimum (lino) composta per circa il 70% da cellulosa.
s-156 Come tutte le fibre liberiane, il lino ha una lunghezza media delle fibre elementari che varia dai 20 ai 30 mm;
s-157 la sua finezza si aggira dai 20 ai 30 micron;
s-158 la fibra presenta una sezione poligonale.
s-159 Il numero di fibre presenti nella corteccia di una singola pianta può variare da 20 a 50.
s-160 La fibra ha un aspetto lucido, si presenta con una mano fredda e scivolosa.
s-161 In presenza di umidità questa fibra ne assorbe rigonfiandosi moderatamente;
s-162 essendo composta principalmente da cellulosa, se bruciata produce ceneri chiare impalpabili.
s-163 Le fibre del lino sono contenute nella parte interna della corteccia, chiamata comunemente tiglio.
s-164 Per ricavarla gli steli, essiccati, si mettono a macerare per qualche giorno in bacini d'acqua, oppure, con metodo più rapido, si sottopongono all' azione del vapore acqueo o di speciali batteri:
s-165 le sostanze che legano tra loro le fibre si decompongono e si dissolvono, liberando così le fibre.
s-166 Gli steli vengono poi fatti essiccare, quindi sottoposti alla maciullatura per mezzo di martelli detti gràmole, azionati a mano o meccanicamente, che schiacciano e frantumano la parte legnosa.
s-167 L'operazione successiva è la scotolatura, che consiste nell' asportare i frantumi legnosi e separare le fibre.
s-168 Si arriva pertanto al lino greggio, che viene sottoposto alla pettinatura per separare le fibre lunghe dalle fibre corte e spezzate, che costituiscono la stoppa.
s-169 lini fini, che servono per filati sottili, adatti alla produzione di tele pregiate (tela batista) di pizzi e merletti, lini mezzani che si tessono per tele comuni, lini grossi per tele ordinarie.
s-170 I tessuti di lino vengono utilizzati per la confezione di biancheria per la casa (tovaglie, lenzuola, asciugamani) e per l'abbigliamento estivo sia maschile che femminile.
s-171 Essendo una fibra rigida i capi assumono un aspetto stropicciato, caratteristica principale che contraddistingue i manufatti.
s-172 Tessuti di lino sono utilizzati nel ricamo a Punto croce e in altri ricami a fili contati.
s-173 Alle fibre di lino possono essere mischiate fibre di cotone, che danno al tessuto maggiore resistenza e migliore regolarità di trama.
s-174 La lana è una fibra tessile naturale che si ottiene dal vello di ovini (pecore e alcuni tipi di capre), conigli, camelidi (cammelli) e alcuni tipi di lama.
s-175 Essa si ottiene attraverso l'operazione di tosatura, ovvero taglio del pelo, che per le pecore avviene in primavera.
s-176 La lana che si viene ad ottenere viene definita lana vergine.
s-177 Un altro metodo per ricavare la lana è quello di recuperarla dopo la macellazione della pecora stessa.
s-178 L'industria inoltre riutilizza la lana ricavata dagli scarti di produzione;
s-179 si parla in questo caso di lana rigenerata.
s-180 La fibra, che è costituita da una sostanza proteica, la cheratina, ha lunghezza tra i 2 e i 40 nm e sezione circolare;
s-181 Questa struttura conferisce alla lana morbidezza, elasticità, igroscopicità ed elevata coibenza termica a secco, per via dell' aria trattenuta tra le fibre.
s-182 Scarsa invece la resistenza alle sollecitazioni meccaniche.
s-183 Il diametro può variare, quindi, dai 12 ai 120 micron, a seconda della razza dell' animale produttore e della parte del corpo, e dai 20 ad un massimo di 350 mm di lunghezza.
s-184 Il grado di finezza del filato viene indicato dal titolo, che è il rapporto tra la lunghezza del filato (in metri) e il suo peso (in Kg);
s-185 ad un titolo alto corrisponde, quindi, un filato più pregiato.
s-186 Tra le proprietà tecnologiche vanno segnalate l'attitudine della lana alla tintura, la buona lavorabilità e la facilità di filatura.
s-187 Per contro la lana non sopporta la stiratura e può infeltrire perdendo la sua morbidezza.
s-188 La lana è una fibra calda al tatto e dotata di alta termocoibenza.
s-189 Quest'ultima caratteristica determina che gli indumenti tessuti con la lana risultino più spessi con un conseguente trattenimento di una maggiore quantità di aria.
s-190 Il calore provoca sulla fibra della lana la degradazione.
s-191 Una prima degradazione che si manifesta con un impercettibile ingiallimento può cominciare attorno ai 70 ° C;
s-192 a 130 ° C inizia la vera e propria decomposizione;
s-193 a 170 ° C si ha uno sviluppo di ammoniaca.
s-194 Tuttavia la lana può rimanere esposta per brevi tempi senza soffrire degradazione anche a una temperatura di 200 ° C:
s-195 questa proprietà viene sfruttata dalle industrie per l'operazione di termofissaggio.
s-196 La lana è relativamente resistente alla fiamma e, bruciando, sviluppa un odore simile all' osso bruciato contemporaneamente alla formazione di piccoli grani neri che, se toccati, si polverizzano.
s-197 La lana è dotata anche di termoplasticità.
s-198 Questo viene dato dal fatto che la lana presenta un carattere anfotero, cioè si comporta come una base in presenza di coloranti acidi, mentre si comporta come un acido in presenza di coloranti basici.
s-199 Oggi la lavorazione della lana vede il rapido avanzare degli stati asiatici.
s-200 Dalla seconda metà del Novecento la sua produzione fu superata prima dal cotone e da altre fibre di origine vegetale, poi dalle fibre artificiali e sintetiche.

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