L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
Signor Presidente, onorevoli senatrici e senatori, se la parte un po' tumultuosa alle mie spalle mi lascia parlare , risponderò al senatore Falanga, che si è molto lamentato di aver dovuto svolgere il proprio intervento in discussione generale prima della scadenza dei termini per la presentazione degli emendamenti.
È vero, ma questo naturalmente agevola la relatrice, cioè la sottoscritta, che in tal modo, nella replica, può in buona sostanza prendere posizione e spiegare perché i pareri sugli emendamenti proposti saranno di un determinato segno.
Egli, nel suo intervento in discussione generale, ha insistito nel parlare di un provvedimento sul quale non si era sufficientemente discusso in Commissione.
Su questo tema, invece, abbiamo discusso molto in Commissione, e in quella sede il senatore Falanga ha sostenuto una posizione diametralmente opposta a quella di cui agli emendamenti che ha proposto in Aula, ossia di fissare un termine rigido di ventiquattro mesi per la durata del periodo dell'affidamento (vedo adesso davanti a me il senatore Falanga e me ne compiaccio vivamente).
Il problema su cui si è concentrata la discussione svolta in Commissione - che è stata molto approfondita, attenta ed assolutamente bipartisan, poiché tutte le forze politiche vi hanno partecipato senza divisioni o preclusioni ideologiche - è incentrato sulla necessità o meno di intervenire su quanto previsto dall'articolo 4 della legge n. 184 del 1983.
Questa stabilisce un termine ordinatorio di ventiquattro mesi per la durata dell'affidamento, ma in casi particolari concede al giudice la possibilità di un suo prolungamento.
Dovrò dare parere contrario a questi emendamenti, così come ho fatto in Commissione, perché proprio in quella sede abbiamo ragionato sul fatto che ci debba essere una discrezionalità nel fissare questo periodo, in quanto i casi personali ed umani sono diversi.
Se mi perdonate la citazione disneyana, se la carrozza diventa zucca allo scadere del dodicesimo rintocco della mezzanotte, non è che un affidamento che va bene fino al ventiquattresimo mese, improvvisamente diventa il male assoluto al venticinquesimo.
L'articolo 6 della legge n. 184 fissa i requisiti che una coppia deve possedere per poter accedere all'adozione, che consistono, in buona sostanza, nel fatto che sia una coppia coniugata, anche con una stabilità di rapporto e che sussista una determinata differenza d'età fra la famiglia che adotta e il minore che viene adottato.
Il senatore Falanga aveva posto il problema, ma non ha trasformato questo suo dubbio in un emendamento, altri invece lo hanno fatto, proponendo che sia soppresso il riferimento ai requisiti di cui all'articolo 6 nel disegno di legge di cui oggi ci occupiamo.
Sono personalmente convinta che la legge n. 184 del 1983 su affidi e adozioni abbia bisogno di un tagliando e che debba essere rivista perché - mi rivolgo al senatore Uras, che ha svolto in discussione generale un intervento toccante dal punto di vista umano - è passato molto tempo e sicuramente i requisiti devono essere rivalutati.
Io invito tutti i colleghi ad affrontare questa discussione in modo approfondito, cercando di riflettere sulla necessità o meno di cambiare i requisiti:
ad esempio, se siamo sicuri, come prevedeva un emendamento presentato dal senatore Uras, che il requisito dell'età debba passare dagli attuali quarantacinque anni ai cinquant'anni.
Su questo tema non ci sono direttive per così dire governative, quindi affrontiamolo laicamente, confrontiamoci con le associazioni, con i giudici che si occupano di minori, vediamo se realmente quei requisiti di cui all'articolo 6 hanno bisogno di essere cambiati, ma facciamo una riforma organica e non usiamo questo provvedimento, che ha un altro obiettivo, cioè quello di preservare la continuità affettiva dei minori in stato di affidamento, per scardinare altre cose.
Non può essere snaturato l'istituto dell'affido, non può essere trasformato in una sorta di corsia privilegiata, di prenotazione del minore da adottare.
esse assicurano ai bambini in difficoltà un luogo sicuro in cui crescere, ma lo fanno con assoluta generosità, perché l'obiettivo è che quel bambino o quella bambina torni a casa sua.
Di conseguenza, non possiamo trasformarlo in un mezzo per svicolare dalle norme sull'adozione, prenotare quel minore e tenerselo come figlio, perché vorrebbe dire che abbiamo completamente stravolto l'obiettivo dell'affidamento.
L'affidamento è prezioso per la gratuità del dono delle famiglie affidatarie, ma soprattutto per i minori, nel loro superiore interesse, perché l'obiettivo principale è che il minore torni a casa, non che trovi una seconda famiglia.
È a questo che serve questo disegno di legge, a dare la possibilità alle famiglie affidatarie, in una situazione di prolungato affidamento, di presentare la domanda di adozione.
La stella polare che ha guidato la Commissione giustizia, che ringrazio, e che il Governo ha seguito è stata proprio quella di porre al centro l'interesse del minore.
Quindi, oggi, in questa sede, legiferiamo per rafforzare l'interesse del minore, per salvaguardare l'equilibrio tra i vari passaggi e istituti giuridici che nel nostro ordinamento hanno un significato determinato e sono ben distinti e la cui distinzione oggi vogliamo accentuare non per snaturare l'altro istituto, ma per rafforzarlo, delineandone i confini e creando anche una certa continuità.
Oggi l'affidamento è un passaggio centrale che va sottolineato perché, sempre nell'interesse del minore, è il momento che aiuta non solo a curare il minore contribuendo alla crescita dei suoi affetti, ma anche a tenere un collegamento essenziale con la famiglia di origine.
Quindi, la famiglia di origine durante l'affidamento occupa una posizione centrale accanto alla famiglia affidataria e insieme devono fare squadra tenendosi in contatto nell'interesse del minore.
Al tempo stesso però, qualora poi non fosse più possibile il ritorno del minore nella famiglia di origine, si cerca di valorizzare il ruolo della famiglia affidataria, che è stato centrale e importante nel percorso di crescita del minore, al momento dell'adozione.
Pertanto, una volta superato il periodo dell'affidamento, se non è più possibile il rientro nella famiglia di origine, si cerca di garantire il ruolo della famiglia affidataria nel procedimento di adozione.
Questo è lo spirito condiviso dal Governo, che è contrario a porre in essere atteggiamenti rigidi perché su questa materia non si può procedere con delle rigidità.
Occorre consentire da un lato all'autorità giudiziaria, nel rapporto con i servizi sociali, un confronto costruttivo e un dialogo in cui ciascuno mantenga la propria autonomia e libertà di valutazione, senza porre - ripeto - rigidità cui il Governo è contrario;
dall'altro lato anche in termini di tempo non ci possono essere rigidità, perché vi possono essere situazioni che richiedono un periodo limitato di affidamento e altre che necessitano di un prolungamento.
Il Governo quindi vuole segnalare che l'affidamento familiare comporta la raccolta di disponibilità da parte di famiglie non originariamente orientate verso l'adozione.
Quindi è anche un modo per mettersi a disposizione del minore per poi eventualmente maturare un convincimento che potrebbe rivelarsi utile nella fase di adozione, una volta dichiarato lo stato di adottabilità.
L'istituto dell'affidamento mira a garantire al minore un ambiente sereno ed idoneo durante il tempo necessario alla sua famiglia biologica per ricostruire le condizioni per riaccoglierlo;
Comunico che sono pervenuti alla Presidenza - e sono in distribuzione - i pareri espressi dalla 1ᵃ e dalla 5ᵃ Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti, che verranno pubblicati in allegato al Resoconto della seduta odierna.
Tuttavia, siccome è capitato molte volte che l'ordine del giorno venisse ignorato (sia che si trattasse di un impegno forte, che di un impegno a valutare), chiedo veramente che ci sia da parte di tutti - del Governo, in primis - la sensibilità per garantire (soprattutto con gli strumenti che oggi vengono messi a punto all'interno del Ministero del lavoro) quello che la relatrice stessa ha detto dover rimanere l'obiettivo principale, cioè che la famiglia venga messa nelle condizioni di poter riavere il proprio bambino.
Desidero solo aggiungere che presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che ha la delega anche sulle pari opportunità, è stato istituito un Osservatorio sui minori.
L'altro gruppo di lavoro (anch'esso già istituito presso il Ministero del lavoro) riguarda un sostegno alla povertà, e si propone di aiutare chi non è in condizioni economiche tali, a volte, da poter svolgere questo ruolo.