La sua opera pittorica - centrata quasi esclusivamente su temi di carattere religioso - servì come punto di riferimento per molti artisti rinascimentali, primo fra tutti l'altro grande maestro della prospettiva nel Quattrocento, Melozzo da Forlì.
Fu un uomo pienamente rinascimentale e dunque fiducioso nelle capacità umane tanto da ritenere che queste, se ben indirizzate, potessero far affacciare l'uomo al dogma.
estrema attenzione all'organizzazione prospettica e ritmica, semplificazione geometrica dei volumi, movimento colto nell'attimo in cui esso può eternarsi, passaggi intermedi tra una tonalità di colore ed un'altra per evitare bruschi contrasti, luce non fisica ma intellettuale, che pervade tutte le sue opere;
S'ignora anche perché, poco dopo la sua morte, venisse già chiamato «della Francesca», anziché «di Benedetto» o «de' Franceschi», ma la congettura del Vasari che abbia preso il cognome dalla madre è inattendibile.
Egli apprese i primi rudimenti della pittura da Antonio d'Anghiari, non solo attivo a Sansepolcro, ma anche abitante della cittadina, come attesta il 27 maggio 1430 il pagamento dei dipinti delle insegne del Comune e del governo papale sopra la porta delle mura.
Gli fu affidata anche la pala della chiesa di San Francesco e altri documenti confermano che Piero fu suo assistente, ma è difficile determinare le conseguenze di quel discepolato, dal momento che di Antonio non si conserva alcuna opera.
Secondo il Vasari, lavorò con Domenico anche a Loreto nella chiesa di Santa Maria al «principio di un'opera nella volta della sagrestia; ma perché, temendo di peste, la lasciarono imperfetta», fu successivamente compiuta da Luca Signorelli.
La prima sua opera che ci è conservata è la Madonna col Bambino, già nella fiorentina Collezione Contini Bonacossi, un tempo creduta opera di Leonardo e attribuita per la prima volta a Piero nel 1942 da Roberto Longhi, da far risalire agli anni 1435-1440, durante i quali era ancora collaboratore di Domenico Veneziano.
Nel 1442 risulta nuovamente abitante a Borgo Sansepolcro dove, l'11 febbraio del 1445 ricevette dalla Confraternita della Misericordia la commissione del polittico per l'altare della chiesa:
il contratto prevedeva il compimento dell'opera in tre anni e la sua completa autografia, oltre all'obbligo di controllare ed eventualmente restaurare il dipinto nei dieci anni successivi.
In realtà, la stesura del polittico si protrasse, con intervento di un allievo non identificato, per più di 15 anni, come dimostra un pagamento al fratello Marco di Benedetto, per conto di Piero, effettuato nel 1462 dalla Confraternita, che nel XVII secolo scompose il polittico che perdette l'originaria cornice.
Nel 1451 fu a Rimini, chiamato da Sigismondo Pandolfo Malatesta a lavorare al Tempio Malatestiano dove lasciò l'affresco votivo raffigurante Sigismondo Pandolfo Malatesta in ginocchio davanti a San Sigismondo.
Nel 1453 ritornò ancora a Borgo San Sepolcro dove, nell'anno successivo, stipulò il contratto per il polittico dell'altare maggiore della chiesa di Sant'Agostino.
Poco dopo, chiamato da papa Niccolò V, si recò a Roma, dove eseguì affreschi per la basilica di Santa Maria Maggiore (dei dipinti restano solamente alcuni frammenti).
Negli ultimi anni venne colpito da una grave malattia agli occhi e prima di morire scrisse il De Perspectiva Pingendi, il De quinque corporibus regularibus e un manuale di calcolo intitolato De Abaco.
Spetta a Daniele Radini Tedeschi l'aver scoperto la natura spuria del volto della Madonna nella Natività di Londra (Piero della Francesca 2005, Arsenico su tela 2007), dipinto non ultimato e terminato da altra mano, 'fiamminga' come indica il critico.
è inoltre di detto autore la tavola conservata presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie di Città di Castello, in cui sono sicuramente presenti influenze pierfrancescane.
Piero della Francesca ha realizzato tre opere matematiche in cui è presente una sintesi tra geometria euclidea, appartenente alla scuola dei dotti, e matematica abachistica, riservata ai tecnici.
La prima opera è stata il Libellus De quinque corporibus regularibus, un trattato dedicato alla geometria, che ha ripreso temi antichi di tradizione platonico-pitagorica, studiati sempre con l'intento di poterli utilizzare come elementi del disegno.
Nel secondo trattato De prospectiva pingendi ha proseguito la linea di studio anticipata nel libro precedente, apportando notevoli novità al punto da poterlo definire uno dei padri del moderno disegno tecnico, difatti alla prospettiva ha preferito l'assonometria, in quanto ritenuta più congruente con un modello geometrico.
La parte geometrica e quella algebrica sono risultate molto vaste rispetto alle consuetudini del suo tempo, così come la parte sperimentale in cui l'autore ha esplorato elementi non convenzionali.
Tutti questi testi sono comunque di grande interesse storico per gli studiosi di architettura e costituiscono una fonte essenziale di informazioni sullo stato della conoscenza di questi temi ai tempi di Piero.