Negli ultimi anni la dinamica dei polo di attrazione è stata sempre più caratterizzata dall'emergere di una crescente concorrenza che si è progressivamente spostata dalle singole imprese ai sistemi economici e territoriali, determinando l'esigenza di una riconsiderazione dei rapporti esistenti tra soggetti produttivi e ambiente in cui questi operano.
Il raggiungimento e il mantenimento di posizioni competitive sono sempre più il risultato della interazione tra le azioni dei singoli soggetti (non solo economici) e la disponibilità di risorse presenti nel contesto socio economico di riferimento.
Quest'ultimo è funzione di variabili strutturali tra cui le istituzioni, i settori produttivi, il mix pubblico privato, le risorse umane e naturali, le infrastrutture, le radici culturali che si modificano in genere attraverso processi di lungo periodo, ma che recentemente hanno mostrato una forte accelerazione, incalzati da eventi imprevedibili quali la fine della guerra fredda, a livello mondiale, e l'avviato processo di trasformazione delle istituzioni, in Italia.
Il contesto milanese, se da un lato è stato teatro privilegiato dei processi di trasformazione in atto nel paese, dall'altro sembra presentare un persistente e preoccupante immobilismo in alcune delle variabili chiave che concorrono a determinare la qualità ambientale del sistema economico.
In particolare, la dotazione infrastrutturale della città sembra non essere stata in grado di supportare le crescenti esigenze di mobilità, trasporto e comunicazione messe in atto dall'evoluzione dei mercati e dei processi produttivi.
A fronte di una articolata capacità progettuale, infatti, la realizzazione dei progetti infrastrutturali incontra enormi difficoltà e, quando si arriva al cantiere, i tempi di esecuzione delle opere sono infiniti, con la conseguenza di lavori eternamente in corso o addirittura bloccati.
E questo mentre altre grandi città europee hanno puntato proprio sulla realizzazione di importanti progetti infrastrutturali e sulla riqualificazione del proprio tessuto urbano per riconfermare o conquistare nuovi spazi competitivi.
I piani di Barcellona, Monaco, Francoforte, Lione sono esempi, tra i più noti, in cui il rinnovamento della dotazione infrastrutturale, intesa in senso lato, ha contribuito al rilancio di queste città che, a pieno titolo, sono inserite nelle più alte gerarchie urbane.
Ma le infrastrutture di trasporto, di telecomunicazione e di supporto (fiere, centri interscambi merci ecc) hanno un ruolo importante anche nei piani di rilancio di città che hanno finora occupato posizioni gerarchiche non di primo piano:
il progetto Euralille sta rivitalizzando un'area in forte declino industriale; la dotazione di un importante sistema di infrastrutture è il punto di forza per lo sviluppo delle città dell'innovazione della regione PACA (Provence, Alpes, Còte d'Azur) di cui Marsiglia, Nizza, Tolone e Avignone sono i poli di maggior rilievo.
Le esperienze delle città estere ribadiscono l'importanza delle infrastrutture nel creare in un'area (urbana e non) l'ambiente migliore per lo sviluppo di attività economiche innovative, per la rivitalizzazione economica di aree in declino, per il mantenimento di tessuti produttivi già consolidati.
È infatti sull'efficienza dell'ambiente, nelle sue componenti infrastrutturali, organizzative e di qualità della vita, che si determinano il grado di competitività delle attività locali e la capacità di un'area urbana di divenire polo di attrazione per attività nazionali ed estere.
Nella ormai avanzata competizione fra grandi sistemi territoriali, le infrastrutture giocano un ruolo di primo piano sotto un duplice aspetto: ad aumentare l'efficienza del sistema territoriale complessivo.
Una buona rete di infrastrutture connettive interne e l'efficienza dei servizi di comunicazione e di trasporto che su queste reti si svolgono assicurano, infatti, una migliore organizzazione delle funzioni sul territorio e una più efficiente divisione spaziale del lavoro fra centri urbani; l'efficienza delle interconnessioni a rete con l'esterno, sia nel senso strettamente fisico delle reti infrastrutturali di viabilità e trasporto sia nell'aspetto economico, contribuendo a creare una rete urbana di complementarietà costituita da più centri che possono usufruire di strutture e servizi (fiere specializzate, unità di ricerca, università, centri di formazione ecc) non compatibili con la loro limitata dimensione assoluta.
In tal modo, vengono aumentate le possibilità per ogni centro, e per le imprese che vi sono localizzate, di allargare la propria area di influenza e il proprio mercato e di avviare stabili processi di internazionalizzazione.
Sul piano macroeconomico, dunque, le infrastrutture si delineano come un vantaggio competitivo offerto da una città rispetto ad altre, non solo in stretti termini di economie esterne fruibili dalle attività produttive, ma anche in termini di determinanti dell'ambiente socio economico in cui sono inserite e operano tali attività e della qualità della vita che le diverse aree sono in grado di offrire.
Da qui l'inserimento delle infrastrutture tra i fattori di localizzazione per le imprese nazionali ed estere attorno ai quali si sono articolate varie classifiche comparative sulla capacità di attrazione di diverse città in grado di offrire livelli differenti di economie esterne.
1 in questo contesto le infrastrutture vengono a delinearsi nella loro caratteristica di bene pubblico, ossia di capitale fisso sociale con un elevato grado di accessibilità pubblica e, come tale, raramente fornito dal mercato in modo efficiente.
2 è evidente che, entro certi limiti, i fattori di produzione privati (capitale e lavoro) possono sostituirsi al capitale fisso sociale e ciò che diventa allora rilevante è il costo al quale la sostituzione è possibile e la misura in cui è fattibile.
È questa la forchetta del prezzo di vendita che è stata resa nota soltanto nella tarda sera di ieri, dovendo essere comunicata preventivamente alla Sec (la Consob americana).
In questa quota riservata al pubblico italiano sono comprese sia le tranche destinate agli assicurati, agli agenti e ai subagenti Ina, sia i collocamenti privati per i dipendenti del gruppo e per gli aderenti all'Opa Assitalia del novembre scorso.
Quel che resta sarà assegnato agli investitori istituzionali italiani ed esteri, ed è in questa quota che si ricaverà la parte da destinare a Wall Street.
Nel corso dell'Opv potrà essere acquistato al massimo lo 0,5% del capitale sociale (limite che sale al 2% per i collocamenti privati riservati a investitori istituzionali) mentre il tetto al possesso azionario sarà del 5%, ovvero più alto di quello stabilito per Credit e Comit fissato al 3%.
Ma nonostante questo scarto di due punti percentuali, la privatizzazione dell'Ina si annuncia come una grande novità anche per trasparenza e tutela degli azionisti minori.
L'assemblea dell'istituto di Via Sallustiana ha infatti ratificato le decisioni assunte in mattinata dai tre ministri economici - tesoro, industria e bilancio - che hanno voluto introdurre nello statuto due elementi finora giornaliera nell'universo italiano delle privatizzazioni: il voto di lista maggioritario per l'elezione in assemblea dei componenti del Cda (che per altro verranno retribuiti anche in relazione ai risultati ottenuti dalla società) e, soprattutto, i limiti imposti al tetto azionario che vanno ben oltre il vincolo del 5 per cento.
Insomma, nonostante il livello del tetto azionario sia più alto, sarà molto difficile realizzare nell'Ina le concentrazioni avvenute in Credit e Comit.
Al ministero di Via XX Settembre rimarrà il 49% del capitale della compagnia e così sarà in ogni caso l'azionista di riferimento, almeno in questa prima fase della privatizzazione.
Tuttavia, le novità che caratterizzano la vendita dell'Ina sono di rilevanza tale da far pensare che il modello adottato possa essere il punto di riferimento dell'esecutivo anche nelle successive privatizzazioni.
Il Ministro del Tesoro, Lamberto Dini, pur essendo azionista unico della compagnia pubblica di assicurazione, ha voluto discutere e concordare con il titolare del bilancio, Giancarlo Pagliarini, e dell'industria, Vito Gnutti, le proposte presentate dal comitato degli esperti guidato da Mario Draghi su indicazione dell'advisor, la banca d'affari inglese Schroders.
Già nei prossimi giorni verrà comunicato il calendario del road show che interesserà tutte le principali piazze finanziarie internazionali e che partirà da Roma il 7 giugno.
Lo scontro sulle cessioni legali è stato risolto per decreto: un elemento in più perché gli operatori rispondano positivamente all'offerta di fine giugno.
Nelle raccomandazioni, che dovrebbero essere esaminate oggi dalla commissione per poi passare all'esame del consiglio dei ministri finanziari del 6 giugno, viene sottolineata la necessità di affinché in Italia, come anche in Grecia, Spagna e Portogallo, l'inflazione venga ulteriormente contenuta e sia assicurata la stabilità dei prezzi a medio termine.
Nell'ottica di sostenere la ripresa economica, il documento rileva in generale di una riduzione degli squilibri di bilancio dei paesi della Ue attuando, anche attraverso misure aggiuntive, i piani di risanamento tracciati nei programmi di convergenza.
Ma dagli altri indicatori contenuti nell'indagine rapida del centro studi Confindustria (Csc) l'arretramento del mese in corso prelude a un nuovo più consistente balzo.
Rispetto ad aprile, infatti, l'indice depurato dai fattori stagionali è sceso nel mese corrente dell'1,1%, portandosi a quota 96,2 da 97,3 (base 1990-EQU-100).
L'indagine rapida segnala un rallentamento nella dinamica annuale: la produzione media giornaliera in maggio risulta dello 0,3% superiore rispetto a un anno fa, contro il 2,3% di aprile e il 0,7% di marzo.
Ma stanno prendendo abbrivio anche le vendite sul mercato interno, che al netto dell'inflazione sono cresciute del 2,1% nei dodici mesi terminati a maggio, contro l'1,7% e l'1,1% di marzo e aprile.
Il rafforzamento delle vendite a clienti italiani, rileva il Csc, è stato più sostenuto nei comparti del meccanico elettronico e dei mezzi di trasporto.
I dati Istat su ordini e fatturato, fermi a gennaio, già segnalavano buoni miglioramenti del mercato interno, con incrementi (questa volta misurati sui dati in valore e non sulle quantità) del 3,1% per le vendite e del 5,7% degli ordini dall'Italia (addirittura superiori in dinamica a quelli provenienti dall'estero).
Nel bimestre aprile - maggio la produzione industriale è su livelli dello 0,6% superiori a quelli del bimestre precedente e dell'1,1% più alti rispetto all'analogo periodo del 1993.
L'offerta italotedesca è stata individuata dall'Iri come la migliore nella corsa all'Ast, produttrice di acciai piani inossidabili e speciali con impianti a Terni e Torino, 1.300 miliardi di fatturato consolidato e 4 mila addetti.
La scelta dovrebbe essere ufficializzata dopodomani dal consiglio d'amministrazione Iri, che darà il via alla negoziazione finale con il consorzio paritetico del quale i tedeschi detengono il 50 per cento.
Il provvedimento che sancisce il passaggio di mano, firmato negli ultimi giorni del suo mandato dal ministro delle finanze Franco Gallo, dopo il via libera del consiglio di stato attende solo la pubblicazione sulla .
Si tratta del regolamento - che avrebbe dovuto essere emanato entro il novantatre - che dà attuazione all'articolo 2, commi 1 Quinquies e Septies, del dl 16/1993, definendo le modalità di presentazione sia delle denunce di nuova costruzione e variazione dei fabbricati, sia delle domande di voltura.
Ma la novità più importante è contenuta nella norma in cui si stabilisce che le nuove dichiarazioni dovranno contenere la rendita proposta - e controfirmata - dai tecnici iscritti agli ordini professionali abilitati (geometri, ingegneri, architetti, periti edili e agrari, dottori agronomi).
E la proposta diventerà definitiva se nell'arco di 12 mesi (che nel primo biennio di applicazione saranno 24) l'ufficio tecnico erariale non avrà espresso parere contrario.
L'ingresso dei liberi professionisti nella definizione delle rendite degli immobili rientra nel quadro della modernizzazione della gestione del catasto, che punta sulla informatizzazione dei dati e sull'alleggerimento dei compiti dei suoi addetti che avranno così la possibilità di svolgere principalmente le funzioni legate al continuo aggiornamento dei dati sul patrimonio edilizio, fino ad ora trascurate per i troppi carichi, tra cui anche quello del calcolo delle rendite.
Le denunce redatte dal tecnico dovranno essere presentate su floppy disk - a partire dalla data che verrà stabilita con un apposito provvedimento del direttore generale del dipartimento del territorio - in base al programma fornito direttamente dall'amministrazione agli ordini professionali.
E dovranno riportare per ogni unità urbana anche i dati di superficie espressi in metri quadri in conformità alle istruzioni che saranno fornite in seguito, poiché questo sarà in futuro il parametro in base al quale sarà decretato l'esborso del contribuente al posto dei che andranno in soffitta.
Infatti, mentre oggi la trascrizione di questi atti deve avvenire sia al catasto sia alla conservatoria dei registri immobiliari ora, attraverso i nuovi collegamenti informatici, sarà sufficiente la sola presentazione in conservatoria.
Ma se l'abolizione di registri e partitari potrà consentire la consultazione per via telematica di tutti i dati relativi agli immobili, resta però un dato negativo: l'aumento delle spese per la compilazione delle dichiarazioni da presentare all'ufficio tecnico erariale a causa della parcella da pagare ai liberi professionisti.